I distillati La scienza galenica medievale li ha definiti acqua di vita, ma l'elevato contenuto alcolico ne fa delle bevande da consumare con moderazione, da assaporare in piccole quantità. Ardenti e vigorosi o morbidi ed eleganti, i distillati o acquaviti sono il frutto della distillazione di un fermentato, quasi sempre di origine vegetale. Qualche eccezione? dei paesi del Nord è prodotto da un fermentato di miele diluito in acqua, così come alcuni distillati di casa nostra impiegano come materia prima questo dolce elemento, da quello di acacia a quello di corbezzolo, da quello di castagno a quello di tarassaco. Non solo, perché e sono distillati ottenuti a partire dal latte o dal siero residuo dalla lavorazione del formaggio in alcune zone asiatiche. L'Honey Brandy l'Aiven l'Arika La diffusione dei distillati parte dal , per la precisione dalla Scuola Salernitana, per proseguire verso il grande Nord e le Americhe. Mediterraneo In entrambi gli emisferi c’è una fascia di terra dove il clima è temperato e adatto alla viticoltura. E dalla vite si ottengono le due materie prime inizialmente distillate: il vino e le vinacce. , per merito degli Arabi che avevano perfezionato , alchimisti e monaci si dedicavano alle prime distillazioni di oli essenziali e liquidi alcolici, utilizzati soprattutto come unguenti e medicinali. Tra il '500 e il '600 l'alambicco Gli alchimisti, nella vana ricerca della pietra filosofale che li avrebbe resi ricchi, perché in grado di trasformare in oro tutto quello che toccava, distillavano e ridistillavano le sostanze più disparate. A un certo punto qualcuno scoprì che alcuni distillati, più che curare malanni e pestilenze, erano piacevoli e regalavano un po' di allegria in quei tempi bui. Un passo successivo nella produzione dei distillati di vino come Cognac e Armagnac in Francia e Brandy in Italia e Spagna, e di vinacce come la Grappa in Italia, fu la scoperta che ne migliorava la qualità. Da allora molti distillati riposano a lungo in piccole botti, per arricchirsi di profumi e perfezionare la propria armonia. Nei paesi del Nord, dove il clima non favoriva la viticoltura e dove la civiltà della birra era radicata da secoli, le materie prime erano diverse, frutti ricchi di zuccheri semplici fermentescibili. Nacquero così il Calvados dalle mele, lo Slivovitz da prugne e susine, e ancora oggi sono molte le acquaviti prodotte da prugne, pere, ciliegie, albicocche e altri frutti. L’agricoltura di quei paesi fornisce anche cereali e patate ricchi di amido, che dopo un opportuno trattamento può essere fermentato e poi distillato, per dare vita a Whisky, Gin e Vodka. l'invecchiamento in legno Quando gli esploratori europei arrivarono nelle regioni tropicali del nuovo mondo, sfruttarono la canna da zucchero, materia prima per la produzione di Rum, ma anche la melassa e gli scarti della produzione dello zucchero furono utilizzati al meglio, mentre nel Centro America, da tempo, si partiva dal cuore delle agavi per ottenere il Tequila e il Mezcal. Negli Stati Uniti, le materie prime più convenienti furono il granoturco e la segale, dai quali si ottennero il Bourbon, il Corn e il Rye Whiskey. Sull’etichetta delle bottiglie dei distillati d’oltreoceano, oltre alla percentuale volumica di alcol etilico, sempre obbligatoria, a volte è riportata l’indicazione in . Questa espressione deriva da prove empiriche fatte proprio in America, già ai tempi della conquista del West, per valutare il grado alcolico di una bevanda. Si bagnava un po’ di polvere da sparo con la bevanda che si voleva testare e le si dava fuoco: se la polvere bruciava completamente era dimostrato che era ricca di alcol etilico e povera di acqua. corrisponde allo 0.5% di alcol etilico, quindi un distillato a 90 proof ne contiene il 45%. proof 1 proof americano Ancora oggi si producono numerose acquaviti da molti frutti, come prugne, pere e ciliegie.