L'OLFATTO

L’olfatto è il mezzo con cui fin dalla nascita entriamo in contatto con il mondo: quando le immagini sono offuscate e i suoni ancora poco chiari, è questo senso a legarci alla protezione materna e a guidarci verso il suo seno per nutrirci. Ognuno di noi conserva il ricordo di particolari profumi che riaccendono emozioni. Quando memorizziamo un odore, fissiamo il ricordo anche del contesto. È un senso decisamente emozionante, e nella degustazione rende affascinante il vino.

Fin dai tempi preistorici, l’olfatto è il senso della sopravvivenza: ancor oggi è attraverso l’olfatto che gli animali si riconoscono tra loro, avvertono il pericolo, si procurano il cibo.

Questo in origine valeva anche per l’uomo, fino a quando, modificando il suo modo di vivere, ha imparato a crearsi un ambiente di autosufficienza e di adeguata protezione dalle avversità, affidandosi al sistema audio-vocale e relegando l’olfatto in un piano secondario.

Le neuroscienze cognitive hanno dimostrato che questo senso è in grado di condizionare anche altri nostri comportamenti. Si è notato, ad esempio, che la diffusione di essenze gradevoli in un luogo commerciale influenza l’acquisto di un prodotto.

Nel nostro quotidiano l’olfatto ci orienta inconsciamente nelle preferenze e nelle scelte alimentari, arricchendo le percezioni saporifere, di per sé meno sfaccettate; si stima che contribuisca per il 70-75% all’insieme delle sensazioni gusto-olfattive.

Nella degustazione del vino l’olfatto ritrova il suo primato, diventandone il protagonista. Permette, ad esempio, di distinguere la sontuosa gamma di spezie e fiori di un Traminer aromatico, o il tratto vegetale di un Sauvignon. Non saremmo in grado di farlo attraverso la sola percezione dell’alcol o dell’acidità.


L’olfatto è un senso chimico, come il gusto, e si basa sull’interazione con le molecole odorose, ossia le componenti chimiche volatili di una sostanza o di un liquido.

Attraverso le narici, l’aria immessa respirando è filtrata, riscaldata e umidificata, e veicola le sostanze odorose verso l’area più interna del naso. Nella parte alta della fossa nasale, meno esposta, si colloca la regione olfattiva, con le ghiandole mucipare, la mucosa e l’epitelio olfattivo, protetti da una pellicola muco-lipidica. Sono due piccole aree di circa 2,5 cm², incastonate sotto la lamina cribrosa, dietro gli occhi, equidistanti dalle orecchie, in grado di riconoscere le molecole odorose (osmofore) e di inviarne gli impulsi alle due metà del bulbo olfattivo.

L’epitelio olfattivo è costituito da tre tipi di cellule: di sostegno (con il compito di supportare le altre cellule), basali e recettoriali. Le prime sono necessarie per la rigenerazione periodica delle cellule attive, una rigenerazione fondamentale e continua nel tempo (circa ogni due mesi), che purtroppo si riduce con l’età.

Ognuno dei 10 milioni di neuroni recettori presenta un’espansione cellulare, il bottone olfattivo, che possiede oltre 20 ciglia microscopiche: ciascuna funziona come un piccolo radar, in grado di aumentare la superficie di contatto su cui le proteine leganti, nel muco olfattivo, possono “agganciare” gli odoranti e attivare lo stimolo sensoriale.


Lo stimolo si trasforma da chimico in segnale nervoso bioelettrico, per arrivare poi al bulbo olfattivo attraverso le ramificazioni nervose (gli assoni e i glomeruli). Da qui l’informazione olfattiva, con un accesso privilegiato rispetto agli altri sensi, giunge alle aree corticali superiori, per essere riconosciuta e trasformata in percezione.

Le ghiandole di Bowman hanno il compito di secernere il muco che avvolge le ciglia olfattive per proteggerle, così da mantenere costantemente umida e pulita la superficie e facilitare la solubilizzazione delle molecole odorose. Quando invece siamo raffreddati, la mucosa si gonfia e lo spessore e la viscosità del muco aumentano: ciò ostacola il contatto fra le molecole osmofore e i recettori olfattivi e la conseguente attivazione dello stimolo sensoriale.