focus

GLI ORANGE WINE,
UN FENOMENO GLOBALE

di Simon J Woolf


FOCUS

ORANGE WINE
GOES GLOBAL

Simon J Woolf

Dalla Georgia all’Italia e ritorno. Il viaggio e la riscoperta di questa tipologia di vini, destinata a rimanere

From Georgia to Italy and back. The journey and the rediscovery of this type of wines, that are here to stay

Il viticoltore del Collio e pioniere Joško Gravner è sorpreso come chiunque altro che la categoria di vini che ha contribuito a salvare dalla quasi estinzione sia oggi così popolare in tutto il mondo. “All'inizio erano tutti contrariˮ, racconta. Quando Gravner e il suo collega e vicino di casa, il compianto Stanko Radikon, a metà degli anni Novanta sperimentarono per la prima volta le lunghe macerazioni sulle bucce per le loro uve bianche, nessuno dei due poteva sapere quanto sarebbe diventato influente il loro lavoro.

Gli orange wine, come vengono chiamati oggi, sono stati una vittima dell'era del vino industriale. Un tempo quello della fermentazione sulle bucce era un metodo di lavorazione dell'uva bianca molto popolare in tutta l'Europa centrale e meridionale, quasi lo standard, ma è passato di moda negli anni Sessanta. Con l'avvento di tecnologie quali i lieviti selezionati, i serbatoi in acciaio inox a temperatura controllata e le presse soffici, è infatti nato lo stile moderno del vino bianco: pulito, pallido di colore e con aromi e sapori di frutta fresca.


Uno stile che può essere stato una novità nell'Italia degli anni Sessanta, ma che ha portato rapidamente all'omogeneizzazione dei vini bianchi. Negli anni Ottanta Gravner e Radikon erano diventati entrambi famosi produttori di vino, utilizzando tutta la tecnologia disponibile e facendo abbondantemente uso di barrique di rovere francese. I loro vini erano popolari e molto apprezzati, ma nessuno dei due produttori era completamente soddisfatto. Mancava l'autenticità.

La chiave era ritornare a tradizioni molto più antiche, e in Collio ciò significava prendere la ribolla gialla, il loro vitigno autoctono, e farla fermentare con le bucce (proprio come avevano fatto i nonni di Gravner e Radikon), per esaltare la sua regale complessità e la sua prodigiosa struttura. Questo vitigno ha avuto il ruolo fondamentale di essere stato la vera chiave per la riscoperta degli orange wine nel Collio e nel suo territorio gemello, il Goriška Brda sloveno.


Collio winemaker and pioneer Joško Gravner is as surprised as anyone that the wine category he helped bring back from near-extinction is now so popular worldwide. “Everyone was so against it at first!” he says. When Gravner and his colleague and neighbour the late Stanko Radikon first experimented with long skin macerations for their white grapes (vino bianco macerato) in the mid-1990s, neither could have known quite how influential their work would become. Orange wine, as it is most-popularly called now, was a casualty of the industrial wine age. 


Once a popular, even default method for processing white grapes all over central and Southern Europe, it fell out of fashion in the 1960s. With the advent of technology such as selected yeasts, temperature controlled stainless steel tanks and soft presses, the modern style of white wine was born – squeaky clean, pale in colour, and showing fresh fruit aromas and flavours.

This style may have been a novelty in 1960s Italy, but it rapidly lead to homogenisation in white wines. By the 1980s, Gravner and Radikon had both become famed winemakers, using all the available technology and making copious use of French oak barriques. Their wines were popular, and highly rated, but neither winemaker was completely happy with their direction. Authenticity was lacking.


A return to much earlier traditions held the key – and in Collio that meant taking the indigenous Ribolla Gialla and fermenting with the skins (just as Gravner and Radikon’s grandfathers had both done), to unlock its regal complexity and prodigious structure. This grape variety above all held the key to the rediscovery of orange wine in Collio and its twin, Slovenian Goriška Brda.