il territorio OSLAVIA, IL PAESE DELLA RIBOLLA di Alessandra Piubello Patria degli orange wine, nuova meta per l’enoturismo Una delle sette panchine arancioni del percorso ideato da APRO Al vespro la campana dell’Ossario di Oslavia suona in onore dei caduti della Prima Guerra Mondiale. Sali la strada dove si allunga il paesello di 250 anime e senti un rispettoso silenzio, una sensazione di calma, e ti accorgi che il tuo passo è più lento e più pesante. Un tempo qui si veniva in pellegrinaggio, per onorare i più di cinquantasettemila morti caduti in battaglia. Durante la Grande Guerra, Oslavia, per la sua posizione sul crinale, fu teatro di sanguinosi scontri - ben sedici battaglie - fra truppe italiane e austro ungariche: divenne una “collina morta” dove non rimasero abitanti, né case, né coltivazioni. Nulla, solo una terra massacrata e contesa. E invece la rinascita, scampata forse nel cratere di una granata o sul bordo di una trincea, portava il nome di ribolla gialla. Viscerale il legame tra Oslavia e questa vite, che riaccese la speranza in un popolo distrutto che ricominciò a lottare. Nel tempo in cui non c’erano presse ma torchi nei quali si addensava un quantitativo inferiore di uva, le fasi di lavorazione erano più lunghe e accadeva che, nell’attesa, l’uva stesse più a contatto con le bucce. Per tradizione. Ci fu chi ritrovò in un’antica pratica desueta una corrente di pensiero, una filosofia produttiva. Due furono i padri fondatori della ribolla macerata di Oslavia: Joško Gravner e Stanko Radikon. L'inaugurazione del cartello dedicato alla Ribolla di Oslavia all'inizio del paese LE NUOVE GENERAZIONI Tutti e sette i produttori di Oslavia fanno parte di APRO (Associazione Produttori di Oslavia). Manuel Sosol (Il Carpino), Stefano e Matteo Bensa (La Castellada), Martin, Robert e Matej Fiegl (Fiegl), Andrea, Marco e Katia (Dario Prinčič), Marko e Boris Primosic (Primosic), Saša Radikon (Radikon), Mateja Gravner (Gravner) rappresentano le nuove generazioni dei pionieri e dei visionari che per primi credettero nel binomio Oslaviaribolla macerata. Nel 2008 cominciano a fare gruppo; riflettono insieme su come proteggere e valorizzare il loro vitigno identitario dall’abuso e dalla proliferazione dissennata operate in altre zone non vocate e decidono di fondare l’associazione. Nel 2010 fanno pubblicare dal Seminario Veronelli un libro sulla ribolla di Oslavia. Iniziano ad occuparsi dei simboli della Grande Guerra: di propria iniziativa puliscono il Cippo Brigata Abruzzi, l’Obelisco dei 4 Generali, il Cippo Granatieri di Sardegna, ormai in stato di abbandono. “L’abbiamo fatto spontaneamente - racconta Martin Fiegl, presidente di APRO - per doveroso rispetto ai morti e alla nostra storia”. Nel frattempo nel 2018 nasce RibolliAMO. Un evento dedicato alla Ribolla, che condensa in un nome vari significati: “Rappresenta - ci spiega sorridendo Klementina Koren, addetta stampa e organizzatrice della manifestazione - un po’ il carattere di questi oslaviesi, intensi, diretti, anche accesi, pronti a dire le cose in modo autentico, fiero e virile, e in questo senso ribollono di energia come vulcani. Poi viene organizzata sempre in ottobre, quando la ribolla è in cantina, a ribollire sotto le bucce. E infine, nel marchio, si vede che sotto la AMO di RibolliAMO c’è Oslavia che in sintesi fa capire tutto l’amore di questi vignaioli per la loro terra”. VERSO LA DOCG? Nel primo incontro, alla presenza di giornalisti e opinion leader, presentano un disciplinare, studiato nei minimi dettagli, per promuovere la Ribolla di Oslavia a DOCG. D’altronde la ribolla trova il suo luogo elettivo proprio qui, per la ponca, per il sole, per le giaciture, per il microclima, per le sue pratiche antiche e ancora ancora. Il percorso verso la DOCG si dimostra però stretto e tortuoso, burocraticamente lento: si aggiusta un po’ il tiro, sembrerebbe più semplice partire da una DOC, per poi arrivare alla DOCG, ma di fatto, i tempi si stanno allungando. I produttori pur tenendo un occhio all’iter burocratico si rivolgono con sempre maggior attenzione al loro territorio e alla sua promozione enoturistica. Già nel RibolliAMO 2018 simbolicamente aggiungono al cartello stradale del loro villaggio un altro con la scritta in italiano e sloveno “Oslavia paese della Ribolla Gialla”. Poi si pensa ad un percorso turistico, segnato da sette panchine arancioni, in sintonia con l’orange dei vini. La prima panchina, posata dai Fiegl, è in un punto panoramico e storico, vicino all’Obelisco dei 4 Generali; la seconda è dopo l’ossario, in un belvedere verso il Monte Sabotino (a cura dei Prinčič). Le altre, in un percorso che sarà completato a settembre 2020, verranno collocate una dopo l’Ossario, in un belvedere verso il Monte Sabotino (a cura dei Prinčič); i Gravner posizioneranno la loro vicino ad un pozzo antico del 1909, uno dei più profondi dell’areale, molto frequentato oggigiorno da ciclisti e passeggiatori che si fermano (“vogliamo dare valore a quest’acqua e all’importanza di averla avuta per più di un secolo” spiega Mateja Gravner); la Castellada provvederà a mettere la sua panca arancione in un vigneto dove un tempo c’erano delle cave distrutte dalla guerra; il punto più estremo del confine di San Floriano verso la parte slovena vedrà grazie ai Sosol un altro punto di sosta rigorosamente arancione per ammirare il paesaggio; per far vedere bene il confine con la Slovenia, accoccolati nell’arancio ad ammirare la valle, ci penseranno i Primosic. Tutte le panchine arancioni saranno presenti in una mappa che verrà consegnata alla terza edizione di RibolliAMO, Covid-19 permettendo, la prima settimana di ottobre. I produttori avrebbero pensato di inaugurare il percorso con una camminata collettiva di circa tre chilometri, passando dalle sette aziende e mostrando i punti panoramici, che sono tantissimi, e storici, (i due cippi, l’Obelisco e il sacrario). L’OSPITALITÀ Vicino al sacrario dal 2019 c’è Klanjscek Wine & Stay, un agriturismo con cinque stanze e un’osteria che offre piatti tipici del territorio. Anche i Radikon mettono a disposizione le loro stanze per gli enoturisti e i Prinčič si stanno attrezzando. “Dopo le prime edizioni di RibolliAMO - commenta Fiegl - abbiamo avuto tutti un incremento notevole delle visite in azienda, soprattutto durante il periodo estivo, almeno tre richieste in più al giorno”. Venire ad Oslavia ad incontrare nelle loro case gli artigiani del vino (dei circa 50 ettari di ribolla gialla, in totale verranno prodotte a malapena centomila bottiglie) è un’esperienza completamente diversa. Se fuori dalla loro Oslavia sono riservati e di poche parole, nel loro ambiente sono estremamente ospitali, desiderosi di condividere, di raccontare e di spiegare ogni dettaglio della loro vita in vigna e in cantina. Essere accolti dai produttori in persona e dai familiari fa percepire quel calore casalingo, che vi fa sentire parte della famiglia in totale naturalezza. Sono persone schiette, genuine, autentiche: e in un mondo votato al marketing più o meno spinto, la differenza si percepisce immediatamente. APRO collabora con Promoturismo saltuariamente, proprio per consolidare un indotto turistico. Gli chef friulani (e non solo) amano molto gli orange wine, tanto da avere dedicato loro delle ricette e anche delle serate a tema, con menu studiati appositamente. Forse per RibolliAMO ’20 si raccoglieranno tutti in un cofanetto da dare ai partecipanti. Certo, in questo momento storico non è facile fare programmi. Tutto è sospeso. “Da Oslavia – spiega Martin Fiegl – a Gorizia, ci sono solo tre chilometri, basta passare l’Isonzo. Ed è una città bellissima da visitare, ancora a misura d’uomo, con il suo Castello, Palazzo Lantieri e Palazzo Coronini Cronberg. Ogni anno a fine settembre c’è Gusti di Frontiera, una manifestazione che coinvolge circa 900.000 persone. L’anno scorso eravamo presenti anche noi nel salotto del gusto con i nostri vini”. Nova Gorica, con la sua vita notturna e i suoi alberghi di lusso è a sette chilometri da Oslavia. Gorizia e Nova Gorica sono entrate nel gruppo delle finaliste come Capitale europea della Cultura 2025: chissà, potrebbe essere un’altra opportunità per visitare il Paese della ribolla gialla. Il Collio visto da Oslavia ORANGE, ORIGINE DI UN NOME Il nome orange fu coniato da un Sommelier dell’alta ristorazione londinese nei primi anni del nuovo millennio. Fu David A. Harvey, dopo che aveva deciso di dedicarsi all’importazione di vino, che si era reso conto che mancava un nome per i vini di Oslavia. Procedendo per esclusione, alla fine pensò che il termine orange poteva essere capito, per piacevole coincidenza, in tre lingue, inglese, francese e tedesco. Iniziò ad usarlo e poi anche Jancis Robinson e Rose Murray Brown MW nel 2007 cominciarono ad introdurlo nei loro articoli. Nasce a Londra il termine che oggi è sulla bocca di tutti Vigneto di Ribolla a Oslavia COME CI VEDONO Il punto di vista del Sommelier Oliver Christie, head Sommelier al The Clove Club di Londra, è stato ospite a RibolliAMO: “Mi sono sentito a casa - ci racconta - in un’atmosfera serena dove si percepiva un forte senso di comunità e di rispetto reciproco fra i vari vignaioli. Sono molto uniti, stanno costruendo tutti insieme un progetto per Oslavia. Da sommelier ho apprezzato molto che in modo informale, conviviale e rilassato si sia discusso apertamente e senza nessun filtro di tutto quello che sta dietro e dentro il bicchiere. Ho potuto così trasmetterlo ai miei clienti al mio ritorno. Mi ha colpito vedere uno stile così identitario in una zona così piccola. Un’esperienza indimenticabile”.