focus LA VIA DEL CAFFÈ di Andrea Cuomo Dal 1570 la storia di questa bevanda passa per Venezia. I locali storici e la new wave L'ingresso del Florian in Piazza San Marco. Pochi dei turisti che battono Venezia palmo a palmo in truppe di papere disciplinate o magari da soli, e che sbigottiscono davanti a piazza San Marco e sospirano al Ponte dei Sospiri, immaginerebbero che la città lagunare, oltre alle sue tante straordinarietà, ha anche quella di essere la capitale ante litteram del caffè italiano. Che oggi si muove in altri territori, nella Napoli che ha fatto della tazzulella un’icona cinematografica e oleografica, nella Torino che ha inventato l’espresso, nella Trieste che ha addirittura un’università dedicata al caffè ed escogitata da uno dei brand iconici, magari nell’hinterland milanese che ospita il distretto delle macchine da bar, i cui prodotti riempiono il mondo. Venezia non è nei radar dei caffeinomani. Proprio no. Il Caffè Quadri dall'alto. ARRIVA IL CAFFÈ Eppure è qui che è cominciato tutto. Venezia nel XVII secolo era la piazza che vantava rapporti commerciali privilegiati con l’Impero Ottomano, con Costantinopoli, l’attuale Istanbul, dove già da qualche decennio gli aristocratici e quelli che chiameremmo borghesi impazzivano per quella bevanda scura e aromatica prodotta con i semi tostati di una pianta di origine etiopica che da poco aveva fatto il suo ingresso nel mondo – che voleva dire allora fondamentalmente l’Europa – e che ci era arrivata passando dalla porta d’Oriente, dallo Yemen, e quindi dalla Turchia. A Costantinopoli nel 1554 era nata anche la Scuola delle persone colte, nome bizzarro per quello che è passato alla storia come il primo bar del mondo, luogo di ritrovo e di degustazione. Non poco peso nel diffondersi del caffè ebbe la considerazione socio-politica delle severissime autorità islamiche che videro in questa bevanda eccitante, ma fondamentalmente innocua, una alternativa accettabile all’alcol, che faceva perdere il controllo sulle facoltà intellettive. Ma quella era Istanbul, pardon Costantinopoli. E noi siamo a Venezia. Dove a un certo punto tra la seta e le spezie che costituivano le merci di importazione che arrivavano dallo sterminato Oriente fece capolino questo chicco bruno. Pare sia stato un botanico veneziano, tal Prospero Alfino, ad assaggiare tra i primi quella bevanda “di colore nero e con un sapore simile a cicoria” e a importarne i primi sacchi, nel 1570. All’inizio l’uso che a Venezia si fece del caffè fu quasi più medicinale che edonistico, non a caso i chicchi della Coffea venivano venduti dagli speziali. Poi si scoprì che quella bevanda eccitante e medicamentosa era piacevole da sorbire e divenne una nuova occasione di incontro e socialità. Nacquero i primi caffè, per lo più nell’area di piazza San Marco, cuore di una città dove all’epoca i turisti non esistevano, perché di fatto non erano stati ancora inventati. Esistevano i viaggiatori, che erano per lo più nobili, letterati, artisti e che alimentavano un mondo fatto di ciacole e di elucubrazioni, di tempo perso e anche un po’ guadagnato. Un mondo che trovò nella bevanda scura da degustare pigramente un grande alleato: era piacevole, calda e per di più stimolava le facoltà intellettuali. IL CAFFÈ ESPRESSO È ITALIANO In corso il riconoscimento come Patrimonio UNESCO Nel 2014 in Italia è stato fondato il Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale. Il suo scopo principale è la promozione, la valorizzazione e la tutela di questa preparazione tramite la richiesta all’UNESCO per ottenere il riconoscimento di Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Il Consorzio è nato grazie alla volontà di 15 imprese italiane e dal Gruppo Italiano Torrefattori Caffè, alle quali si sono aggiunte altre imprese ed enti che credono fortemente nella necessità di tutelare il caffè espresso tradizionale al punto da dotarsi di un Disciplinare che detta le buone regole per il caffè italiano tradizionale sia per i torrefattori che per gli esercenti. LA NASCITA DI UN MITO La data che cambiò però la storia della Venezia caffeinica fu il 29 dicembre dell’anno di grazia 1720, quando tale Floriano Francesconi aprì in piazza San Marco, alle Procuratie Nuove, il caffè dal nome sopra le righe: Alla Venezia trionfante. Niente di meno. I veneziani, che già allora coltivavano un’ironia tagliente e un certo grado di understatement, ignorarono il troppo pomposo nome e presero a chiamare il locale semplicemente Florian, dal soprannome del proprietario. Era nato un mito. Oggi il caffè Florian – che tra poco compie trecento anni - resta un punto di riferimento per i veneziani e i viaggiatori nel frattempo trasformatisi in turisti. Ma francamente prendervi il caffè è un’esperienza estetica e letteraria più che organolettica. Il Florian però resta un tempio per gli amanti della bevanda nera, avendo letteralmente inventato il rito veneziano del caffè, quello che piaceva tanto a Giacomo Casanova e al Canaletto, che trascorsero interi pomeriggi sui suoi tavolini, e che fu immortalato anche da un altro grande veneziano. Parliamo di Carlo Goldoni, l’autore che inventò la commedia all’italiana e che nella Bottega del caffè (scritta in toscano e non in veneziano nel 1750) fece del bar il teatro delle vicende di personaggi bizzarri e iconici: mercanti, ludopatici, truffatori, nobilastri, donne leggere e frivole. Tutti che intessono le loro vicissitudini nel caffè di Ridolfo, che come un barista dei nostri giorni ascolta confidenze, dà consigli, briga e commenta. E naturalmente prepara il caffè. In un dialogo con il suo recalcitrante garzone Trappola, spiega come sia importante essere gentile e disponibile con i clienti, e anche alzarsi presto perché “bisogna servir tutti. A buon’ora vengono quelli che hanno da far viaggio, i lavoranti, i barcaruoli, i marinai, tutta gente che si alza di buon mattino”. Al netto della prosa elegantemente invecchiata, sembra di sentir parlare un barista di oggi, che solleva la serranda della sua bottega alle 5:30. un caffè al Florian. IL CAFFÈ OGGI Venezia naturalmente non è solo Florian. Tanti sono i suoi caffè storici: il Gran Caffè Quadri, anch’esso in piazza San Marco ma un po’ più defilato, fondato dal mercante Giorgio Quadri, che propose ai veneziani il caffè sotto forma di “acqua negra bollente” all’uso di Corfù, da cui proveniva. In quel locale sorseggiarono caffè Stendhal, Lord Byron, Oscar Wilde, Richard Wagner, Marcel Proust. Oggi è gestito dalla famiglia Alajmo, quella del tristellato Le Calandre di Rubano, alle porte di Padova, e ospita a sua volta un ristorante stellato. Scomparso è invece il Caffè La Calcina alle Zattere, o meglio sostituito dal bar La Piscina, che lo evoca e a sua volta non è privo di fascino. Ma il suo predecessore era un locale prediletto dalla scapigliatura veneziana, soprattutto dal poeta John Ruskin, che vi scrisse Le Pietre di Venezia. Oggi la Venezia del caffè – come detto – è un po’ sottotraccia. I visitatori si fermano nei bar a degustare un frettoloso espresso o un americano sbagliato che nulla recano con sé del nobile lignaggio di questa bevanda tra le calli. L’unico luogo da intenditori che ci sentiamo di consigliare a chi ai velluti decadenti del Florian preferisce una materia prima trattata a dovere, è la Torrefazione Cannaregio, nell’omonimo sestiere, sulla groppa di Venezia, a due passi dal Ghetto. Qui si possono degustare miscele fatte in casa, oppure monorigini provenienti dalla Colombia, dal Perù, dal Brasile, dal Guatemala, dall’Etiopia, preparate in forma di espresso non troppo all’italiana, oppure filtrate con la Chemex, con la Pour-Over, con il v60, con una insomma delle tante macchine che trasformano già la preparazione della bevanda in uno spettacolo di eleganza e manualità. Un luogo dove è bello trascorrere una mezz’ora per riprendersi dalle scarpinate sfiancanti, anche se la sua atmosfera – va detto – a molti farà storcere la bocca, non avendo molto dell’oleografia lagunare. Ma questo per noi è solo un punto a favore. Il caffè nella moka. ODE ALLA MOKA La caffettiera più amata dagli italiani Nel 1933 Alfonso Bialetti rivoluziona completamente il modo di preparare il caffè a casa e lancia sul mercato Moka Express, il primo modello di moka in puro stile Art Decò. Nata osservando le lavandaie fare il bucato, la moka è diventata negli anni un'icona di stile e di design, tanto da essere esposta nella collezione permanente del MOMA di New York e della Triennale di Milano. Si stima che dal 1950 ai giorni nostri siano più di 300 milioni le moke vendute in Italia e nel mondo, anche se all'estero stanno avendo successo molti nuovi modi e strumenti di preparazione del caffè, soprattutto per infusione e percolazione. Il Chemex, moderno sistema di preparazione del caffè per percolazione. FOTONOTIZIA Addio acqua alta? Il il 3 ottobre 2020 il Mose è stato azionato per la prima volta per salvaguardare la città dall’acqua alta. In laguna il livello di marea si è stabilizzato intorno ai 70 centimetri, mentre in mare il livello è arrivato alla soglia dei 128 centimetri. Si può fare!