Un vino navigato, arrivato a Venezia dal Peloponneso. La sua curiosa storia, tra bàcari e vitigni

Un vino navigato, arrivato a Venezia dal Peloponneso. La sua curiosa storia, tra bàcari e vitigni
Nell’immaginario collettivo Venezia richiama sontuose immagini di palazzi nobiliari che si specchiano nell’acqua, romantiche vedute lagunari e pittoreschi scorci di calli e campielli. Anche la sua cucina è generalmente nota, delineata da tipici tratti marinari e in saor e da dolci prelibatezze.
Tuttavia, in questo scenario da favola ovunque rappresentato, sfugge il ruolo e il carattere del grande protagonista della tavola imbandita: il vino.
Assieme ai quattro cavalli di bronzo, esposti nella Basilica di San Marco, arrivò dall’impero bizantino ogni bene, conferendo a Venezia quell’alone orientale che tutti conoscono. E fu proprio grazie alla Quarta Crociata e alla conquista di Costantinopoli che la città lagunare divenne sede del primo grande mercato vinicolo del Mediterraneo. Qui i suoi destri mercanti contribuirono alla diffusione di un vino ambrato, dolce, aromatico, originariamente importato dalle terre conquistate nel Peloponneso: la Malvasia.
Oltre al merito di aver creato un fiorente mercato, questo vino navigato lasciò in eredità il suo toponimo impresso nei sottoporteghi, ponti e calli in cui veniva venduto e sorseggiato. Così quando oggi girovaghiamo in quei posti, ne riviviamo la storia, quale contributo della caleidoscopica realtà della Serenissima.