la storia

BACCO INCONTRA
CERERE

di Eugenio Signoroni
Le IGA sono l’unico stile italiano riconosciuto livello internazionale. La loro storia, dalla Sardegna al Veneto

Bacco e Cerere, un matrimonio di gusto

Alzi la mano chi non conosce la storia di Mida, il celeberrimo re frigio che aveva il potere di trasformare in oro qualsiasi cosa toccasse. Sebbene questo mito sia noto praticamente a tutti, pochi sanno che nel 1957 gli scavi condotti dal Penn Museum a Gordio, l’antica capitale della Frigia (Turchia centrale), portarono alla luce quella che è ritenuta essere la tomba del vero Mida, re vissuto in Anatolia nell’ottavo secolo avanti Cristo. Fu una scoperta importantissima, non solo perché la camera mortuaria del sovrano era perfettamente intatta e consentiva di coglierne le caratteristiche strutturali in ogni dettaglio, ma anche perché, accanto al corpo di Mida che riposava sopra drappi di tessuto blu e viola - i colori della nobiltà del vicino Oriente - c’era l’intero corredo funerario, composto da 157 contenitori in bronzo tra giare, coppe e caraffe. 


Con ogni probabilità questi vasi vennero tumulati dopo il banchetto funerario ancora ricolmi della bevanda che sarebbe servita ad accompagnare il corpo del defunto nel suo viaggio ultraterreno. Ma cosa era quella bevanda? Vino, birra o altro? Le analisi condotte sui residui di materiale organico portarono a una scoperta che per la storia delle bevande alcoliche è importante quanto la scoperta della tomba stessa. Sul fondo dei contenitori c’erano, infatti, cera d’api, acido tartarico e ossalato di calcio, indicatori rispettivamente della presenza di miele, uva e malto d’orzo. L’antica bevanda non era quindi nessuna di quelle giunte nella nostra contemporaneità, ma piuttosto un miscuglio di tutte e tre. Uva, orzo e miele erano uniti ad altri ingredienti, in particolare spezie (e nel caso specifico zafferano), per produrre un liquido alcolico, probabilmente dolce-acido, dal potere inebriante e dissetante.


IGA in assaggio tra le botti