Siamo la prima regione in Italia per coltivazione di PIWI. Un ampio resoconto sullo stato dell’arte

Siamo la prima regione in Italia per coltivazione di PIWI. Un ampio resoconto sullo stato dell’arte
La prospettiva dei vitigni resistenti, detti PIWI, (dal tedesco, Pilzwiderstandsfähig, “resistenti ai funghi”) e ottenuti da incroci tra varietà di Vitis vinifera europea e varietà americane o asiatiche portatrici di resistenza alle principali patologie fungine come peronospora e oidio, è una realtà che si va consolidando. Sono circa 370 le varietà nel mondo in 25 paesi e 36 quelle iscritte in Italia (Registro Nazionale delle Varietà di Vite) con circa 640 ettari dedicati. Il Veneto guida la classifica italiana con 336 ettari, seguito dal Friuli-Venezia Giulia con 230, il Trentino con 67, l’Alto Adige con 50, l’Emilia-Romagna con 30 e la Lombardia con 5.
“Indubbiamente la scelta delle varietà resistenti ha un impatto molto forte sulla sostenibilità ed è una vera e propria scommessa per il rispetto di tutto l’ambiente, viticolo, agricolo e umano - racconta l’agronomo consulente Filippo Scortegagna - pensiamo anche solo alla fascia di rispetto in prossimità di parchi, scuole o abitazioni”. È una scommessa etico-ambientale che permette la notevole riduzione dei trattamenti fitosanitari, la possibilità d’impianti in zone impervie o sensibili e una riduzione dei costi di gestione: una scelta che porta indubbi vantaggi, ma anche qualche criticità. “Più che di varietà resistenti - continua Scortegagna - preferisco parlare di varietà tolleranti alla peronospora e all’oidio, poiché non lo sono per altri patogeni e per questo occorre mantenere sempre alta l’attenzione”. Tra le criticità c’è anche un problema legislativo: le varietà resistenti/tolleranti sono considerate ibridi di vitigni come il clinton, l’isabella e il bacò, proibiti per la vinificazione, e quindi non possono entrare, anche in minima percentuale, nella produzione di vini a Denominazione. La legislazione dovrebbe tenere conto del fatto che sono varietà ottenute da ripetuti incroci intraspecifici che mantengono la prevalenza genetica del genere Vitis vinifera.