C’è molto interesse anche in Veneto per le vecchie varietà ormai scomparse. Una possibile soluzione per la viticoltura degli anni che verranno

C’è molto interesse anche in Veneto per le vecchie varietà ormai scomparse. Una possibile soluzione per la viticoltura degli anni che verranno
Il patrimonio viticolo italiano non ha eguali al mondo. Nel 2020 erano ben 589 le varietà registrate ufficialmente, una quantità notevolmente ridotta rispetto a quella descritta in passato dagli ampelografi. Anche per la vite, come per altre colture agricole, il progressivo incremento della selezione su una base genetica ristretta ha favorito il depauperamento delle risorse genetiche di molte specie destinate alla produzione. “La crisi della biodiversità delle specie vegetali in genere – afferma il Prof. Attilio Scienza – è stata definita la sesta estinzione e rappresenta solo un aspetto della tendenza alla semplificazione delle diverse manifestazioni della vita”. Conservare la biodiversità viticola non significa soltanto salvaguardare il valore della vite coltivata che è il risultato di una selezione e di una storia millenaria e che una volta distrutto non può essere ricostruito, ma assume anche un’importante valenza culturale, visto il profondo legame che lega il vino alla storia e alle tradizioni locali. La ricerca e la conservazione di vitigni antichi o minori, che in molti casi sono a rischio di scomparsa, va oltre la semplice curiosità ampelografica e può rivestire un ruolo importante per arricchire la produzione di vini originali che abbiano la qualità e la tipicità necessarie per affermarsi sui mercati. Inoltre, in un contesto che indica nel cambiamento climatico la sfida per il futuro della viticoltura, alcune vecchie varietà possono essere una carta da giocare per la loro capacità di resilienza che le rende adatte alla coltivazione in altitudine.