La varietà viticola italiana riveste un grandissimo valore culturale, scientifico e biologico. E offre grandissime potenzialità, anche di mercato
La varietà viticola italiana riveste un grandissimo valore culturale, scientifico e biologico. E offre grandissime potenzialità, anche di mercato
Il termine biodiversità, parola chiave dei principi dello sviluppo sostenibile, è relativamente recente e nasce negli anni ’80 dalla crasi – la fusione – di due parole inglesi, biological e diversity. Come una grande lente che mette a fuoco ogni particolare partendo da un quadro generale, la biodiversità descrive la varietà e la ricchezza della vita su tutti i livelli possibili: sulla Terra, in un singolo ambiente specifico e più o meno complesso (naturale, urbano o agricolo come nel caso di un vigneto) o all’interno di un singolo genere o specie. È a quest’ultima, la diversità genetica che differenzia le specie e le varietà del genere Vitis, che ci si riferisce quando si parla di biodiversità viticola.
Per dare un quadro esaustivo partiamo da lontano: per quanto ci possa sorprendere non è l’Europa ma sono l’America e l’Asia le aree geografiche dove il genere Vitis gode della maggiore biodiversità, con quasi 80 specie diverse. Nella culla della civiltà del vino al contrario è presente una sola specie, la Vitis vinifera, con due sottospecie strettamente imparentate, la Vitis vinifera sylvestris selvatica e la Vitis vinifera sativa, diretta discendente dalla domesticazione della prima.
E qui salutiamo Linneo e la tassonomia e cominciamo a parlare di varietà e di vitigni, perché con diverse migliaia di varietà, la vite è una delle piante coltivate caratterizzata da maggiore biodiversità. Secondo quanto riportato dal focus redatto da OIV nel 2017 sulla distribuzione delle varietà di uva nel mondo, è possibile stimare che esistano circa 6.000 varietà di vite da vino e da tavola. Il motivo di tanta varietà è legato al grandissimo successo della coltivazione della vite e ai continui scambi di materiale vegetale, semi, tralci e piante che hanno attraversato confini, mari, catene montuose e continenti da almeno 7.000 anni. A questo si è aggiunta, come in tutte le piante coltivate, la capacità degli agricoltori e degli scienziati di migliorare, incrociare, selezionare e valorizzare i caratteri utili.