LA RISTORAZIONE E LA CRITICA IN ITALIA
Anche in Italia il mangiare è stato oggetto di attenzione da parte della cultura. Pensiamo a scrittori come Paolo Monelli, Mario Soldati, Guido Piovene, ma è indubbio che il padre della cultura e del giornalismo enogastronomico italiano sia stato Luigi Veronelli. Il suo programma “A tavola alle 7”, in onda dal 1974 al 1976, con Ave Ninchi, è considerato l’antesignano di tutti i programmi di cucina.
Tra i grandi cuochi italiani dell’epoca è doveroso citare Nino Bergese. Il suo ricettario Mangiare da Re è stato edito nel 1972 da Feltrinelli (e ristampato nel 2012) e raccoglie oltre cinquecento ricette, frutto di un’intera vita in cucina. Divenne lo chef prediletto dell’aristocrazia fino ad aprire la piccola trattoria “Santa”, nei caruggi di piazza del Carmine. Nel 1970 fu chiamato ad avviare il leggendario “San Domenico” di Imola da Gianluigi Morini su consiglio di Luigi Veronelli.
Gli stessi anni Settanta vedono nascere la nostra critica ufficiale. Più precisamente, il 10 ottobre 1975, Cesare Lanza, direttore del «Corriere d’Informazione» (l’allora edizione pomeridiana del «Corriere della Sera») chiama un giovane giornalista, Edoardo Raspelli, per avviare la prima rubrica italiana di critica gastronomica, che proseguirà poi su «La Stampa».
Risale invece al 1978 la “Guida de L’Espresso”, la prima vera guida gastronomica italiana, ispirata alla francese Gault&Millau, dove i ristoranti vengono valutati e accompagnati da un commento.
Al vertice delle preferenze della critica d’allora si impose fin da subito Gualtiero Marchesi con il suo ristorante appena aperto in via Bonvesin de la Riva a Milano, descritto come fautore di “una nuova cucina che segue con intelligenza uno stile tipicamente italiano. Preparazioni leggerissime, cotture brevi per far ritrovare agli ingredienti il loro sapore originale, piatti cucinati al momento dell’ordinazione, prodotti freschissimi e una continua inventiva messa al servizio delle antiche tradizioni lombarde. Il menu di Gualtiero è una vera festa nella sua apparente semplicità…”.
Ma in sintesi qual è il ritratto della ristorazione italiana negli anni Settanta e Ottanta? In Italia si mangiava soprattutto in ristoranti semplici, piuttosto poveri, spesso un po’ anonimi, dove veniva proposta una cucina locale con piatti abbondanti e un solo bicchiere per l’acqua e per il vino, servito quasi sempre sfuso.