I pesci, distinti per varie dimensioni e forme e provenienza da acque di diversa salinità, sono accomunati dalla presenza di uno scheletro (osseo o cartilagineo) e hanno caratteristiche organolettiche abbastanza uniformi tra loro.
Al momento dell’assaggio, soprattutto se hanno subìto cotture e metodi di conservazione poco elaborati, rilasciano principalmente sensazioni gustative di tendenza dolce, una delicata intensità gusto-olfattiva, una succulenza dovuta alla sapidità più che alla masticazione e una grassezza che varia in funzione della specie e soprattutto della provenienza. Se si assaggiano invece i molluschi e i crostacei, la sensazione d’intensità gusto-olfattiva può aumentare come anche la persistenza gusto-olfattiva.

Spesso non ci rendiamo conto di quanto sia sano mangiare le carni dei pesci: sono costituiti da proteine di alta qualità, nonché di grassi polinsaturi e insaturi fondamentali per il nostro organismo. Il loro tessuto connettivo delicato li rende facilmente digeribili e consigliati nelle diete di bambini e anziani. Un po’ meno digeribili sono i molluschi e i crostacei per via di un tessuto connettivo più consistente a cui, purtroppo, si aggiunge un’elevata quantità di colesterolo (nonostante una grassezza poco rilevante).

La necessità da parte del nostro organismo di assumere grassi insaturi e polinsaturi pone l’attenzione nella scelta del pesce soprattutto sulla quantità di grasso presente nelle sue carni. Occorre però precisare che la quantità di grasso non è solo legata alla specie, ma anche all’ambiente in cui è cresciuto: allevamento ittico, temperatura dell’acqua, stagione di pesca e molti altri fattori. A grandi linee possiamo elencare tra i pesci magri: alice, cernia, luccio, merluzzo, scorfano, sogliola e spigola. Passando attraverso la grassezza media di sarda, dentice e triglia, si può arrivare a pesci decisamente più grassi come il salmone, lo sgombro, alcuni tonni, le aringhe, le sardine e l’anguilla. Una buona quantità di grassi polinsaturi e insaturi è presente nelle carni del “pesce azzurro”, una denominazione commerciale che raggruppa diverse specie che hanno alcune caratteristiche in comune: la colorazione azzurrognola della pelle, un corpo affusolato, una grande reperibilità e abbondanza (negli anni purtroppo in diminuzione…), una scarsa conservabilità nella catena del freddo e una discreta tendenza all’infestazione del parassita Anisakis.
Per quanto riguarda la grassezza dei piatti di pesce ovviamente non bisogna considerare solo la quantità di grasso presente nel pesce, ma anche le modalità di preparazione, di conservazione e soprattutto di cottura che possono modificare radicalmente le caratteristiche del piatto e le sensazioni organolettiche che ne derivano.

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