Le caratteristiche organolettiche dei piatti su cui studiare l’abbinamento cibo-vino sono conseguenza non solo della materia prima, ma anche della sua lavorazione e conservazione, delle tecniche di cottura, dei condimenti e delle salse utilizzate.
La tendenza dolce è un carattere comune a tutte le carni, così come la succulenza, dovuta alla masticazione e alla composizione delle fibre muscolari. La sensazione di grassezza e di pastosità è spesso percettibile, in conseguenza alla presenza di grasso intorno alle fibre muscolari. L’intensità e la persistenza gusto-olfattiva possono essere molto differenti a seconda del tipo di carne e della sua cottura, così come la struttura. Ad esempio, l’assaggio di un piatto poco strutturato, come un petto di pollo cotto al vapore avrà una bassissima intensità e persistenza gusto-olfattiva, rispetto a quella percepita da un boccone di spezzatino di cervo cotto in salmì. Nei piatti di carne, untuosità, sapidità, tendenza amarognola, tendenza acida e piccantezza possono essere più o meno percettibili e sono legate alle cotture o agli ingredienti utilizzati per condire, marinare, cuocere o conservare le carni.
Con le carni si possono realizzare preparazioni molto delicate, ma anche piatti di grandissima struttura e sapore e, in funzione di quest’ampia varietà, l’abbinamento con il vino va da vini bianchi semplici, giovani e freschi, al mondo degli spumanti, bianchi o rosé, fino ad arrivare a vini rossi strutturati e complessi e persino a vini passiti o muffati, oltre a vini fortificati, secchi o dolci.
Le caratteristiche organolettiche della carne dipendono da specie, razza ed età degli animali macellati, ma anche dal tipo di allevamento e di alimentazione. Molto importante è anche la tecnica di macellazione oltre che la frollatura e il taglio utilizzato per realizzare la pietanza, e ovviamente la sua eventuale cottura.