CAPITOLO 2

IL SAPORE DEL CIBO

IL CIBO È CULTURA

La massima “il cibo è cultura” racchiude l’intimo legame tra le pratiche culinarie e l’identità culturale di un popolo. Infatti, l’azione di assaporare una torta o un piatto di pastasciutta non significa solo quietare lo stimolo della fame, ma anche attivare specifici meccanismi neurali legati alla motivazione, alla memoria e alle emozioni. L’impressione di un sapore non sarà mai oggettiva perché dipende da come l’esperienza alimentare è stata vissuta dall’individuo in passato. Il sapore di un piatto non è semplicemente una questione fisiologica che comprende tutte le componenti sensoriali analizzate: ha anche dimensioni sociali, psicologiche, psicosomatiche e culturali che sono legate alle norme, all’educazione, allo stile di vita, ai valori e all’identità dell’individuo. Le nostre abitudini alimentari sono spesso influenzate dalle persone che ci circondano, tant’è che tendiamo ad adottare i gusti e le preferenze alimentari dei nostri amici, familiari e della comunità in cui viviamo.

L’effettiva impressione fisiologica si fonde nel cervello con le esperienze precedenti, la memoria e il contesto sociale, trasformandola in un’entità molto complessa. Anche se mangiamo cibo ogni giorno, il sapore rimane un concetto che abbiamo difficoltà a descrivere a noi e agli altri. Dentro il cibo che portiamo a tavola, è inscritta la nostra cultura, la nostra identità e il nostro essere gli unici esseri viventi in grado di cucinare. Trasmettiamo la nostra appartenenza culturale attraverso il cibo, tramandiamo il patrimonio delle nostre origini e rafforziamo il senso di connessione con le radici e la comunità di provenienza. Il cibo funge così da ponte tra natura e cultura: nasce come prodotto naturale, ma viene plasmato dalle usanze e dai rituali specifici di ogni cultura nel processo di produzione, preparazione e consumo.

images/47_a.webp