Le denominazioni di vendita “cioccolato”, “cioccolato al latte” e “cioccolato di copertura” possono essere completate o accompagnate da termini o espressioni o diciture o aggettivi relativi, a criteri di qualità: , , , sempre che i prodotti in questione contengano: fine finissimo extra nel caso del “cioccolato”, non meno del 43% di sostanza secca totale di cacao, di cui non meno del 26% di burro di cacao; nel caso del “cioccolato al latte”, non meno del 30% di sostanza secca totale di cacaoe del 18% di sostanza del latte ottenuta dalla disidratazione parziale o totale di latte intero, parzialmente o totalmente scremato, panna, panna parzialmente o totalmente disidratata, burro o grassi del latte, di cui almeno il 4,5% di grassi del latte; nel caso del “cioccolato di copertura”, non meno del 16% di cacao secco sgrassato. Nella direttiva europea 2000/36 e nel decreto attuativo 2003/178, troviamo quindi la definizione di alcune denominazioni, come il cioccolato il cioccolato al latte, il cioccolato bianco, ma non il . Si tratta, infatti, di un nome di consuetudine che, per il consumatore italiano, indica semplicemente che non è “al latte” e contiene una percentuale maggiore di cacao. cioccolato fondente Qualunque sia il tipo di cioccolato, in etichetta deve essere specificata la quantità di cacao utilizzata, tramite l’espressione “cacao… % minimo” e, in base alla quantità di una o più delle sue componenti, si parlerà di cioccolato al latte, fondente, extra fondente e così via. Per potersi definire il cioccolato deve contenere almeno una percentuale del 43% di cacao e del 28% di burro di cacao. In quello la percentuale minima di cacao dovrà essere invece del 75%, in quello la pasta di cacao dovrà essere presente in una percentuale superiore all’85%. fondente extra fondente extra amaro