Del grande amore per l’orto da parte degli abitanti del Friuli Venezia Giulia abbiamo già parlato in un precedente numero di Mangiavino. Non possiamo quindi tralasciare l’altra grande nostra passione, quella per le zuppe. Non bisogna però dimenticare le diverse culture conseguenti alle differenti tradizioni culinarie di queste terre che guardano all’uso dei prodotti dell’orto come patate, rape, fagioli, cereali, mais e altri ancora. La “cultura" per verdure e ortaggi si riscontra soprattutto nella preparazione dei primi piatti, tra i quali si trovano sicuramente le minestre che spesso rappresentano il piatto unico del pasto. Influenze mitteleuropee sono diffuse su tutto il territorio regionale e si riscontrano specialmente nelle zuppe.
Le zuppe del Friuli Venezia Giulia rivelano culture diverse: da quelle veneta e padana, a quella asburgica e slava. Differenti anche le impostazioni delle preparazioni: la friulana più semplice, condita e rustica; quella della Venezia Giulia è spesso fatta di brodetti di pesce. La prima quindi è soprattutto una cucina di terra dove scarseggiano i primi piatti di pasta perché a questa latitudine è difficile parlare di dieta mediterranea, dai sapori genuini e misurati, senza eccessi. Le basi sono tuberi e polenta.
La minestra di orzo e fasoi è la versione friulana dell’italica zuppa di legumi. Molte le elaborazioni dovute alle diverse tipologie di fagioli, dalle erbe aromatiche e dalla rosolatura dell’orzo perlato nel lardo. La variante più ricca prevede lardo e costicine di maiale diventando così un piatto unico. La jota triestina ha patate, fagioli, capuzi garbi (cavoli cappuccio a listarelle e fermentati in salamoia), parti di maiale. Un piatto povero, conosciuto fin dai tempi di Carlo Magno. La minestra chiamata zûf fa parte della tradizione povera contadina. Consiste in una polenta di farina di mais alla quale si aggiunge la zucca, arrostita in forno o bollita, ridotta in purea. Servita con latte freddo era consumata anche a colazione.
La crema di fagioli antichi di San Quirino con il musetto è una versione squisita della classica ricetta. La tendenza dolce dei fagioli e del cotechino è alla base del piatto. Il pepe nero e l’olio Evo aggiungono complessiva gustativa e olfattiva. L’accostamento prevede un vino rosso dal corpo medio e persistenza come lo Schioppettino.
La crema di topinabour con guanciale affumicato croccante è un misto di modernità e tradizione. Il sapore delicatamente amarognolo del tubero e la tendenza dolce delle patate ben si rapportano alla sapidità e alla spezia del salume. Piatto che va dalla tendenza dolce, al sapido, all’affumicato per la morbidezza e la lunghezza del Collio Bianco.
La minestra di risi, verze e speck viene dalla tradizione contadina che non rinuncia al sapore. La tendenza dolce e quella amarognola delle verze si esaltano come la sapidità e la speziatura dello speck. È una preparazione dotata di equilibrio a cui si aggiunge la scivolosità gustativa dell’olio Evo a crudo. Chardonnay della piana friulana.
La crema di carciofi con quenelle di ricotta di malga è un piatto che evidenzia l’amarognolo del cardo. Ben presente anche la tendenza dolce delle patate, la sapidità della ricotta lievemente affumicata e l’aromaticità del prezzemolo. È un primo delicato e al contempo gustoso che richiede un bianco dalla spiccata morbidezza come la Malvasia del Collio.
La zuppa di cipolla di Cavasso e della Val Cosa è per i palati più raffinati e amanti della spiccata dolcezza del meraviglioso bulbo. I crostini di pane e la gratinatura apportano tendenza amarognola, il Montasio grattugiato aggiunge sapore. Un vino bianco giovane con freschezza e complessità aromatica come il Sauvignon della terra goriziana.
Lo Zûf è una crema di zucca. Faceva parte della cucina povera, sostanziosa e necessaria a superare le fatiche quotidiane. Gli ingredienti erano presenti a costo zero e tutti a tendenza dolce: burro, zucca gialla, farina di mais e latte. Piatto della memoria per un bianco delicato e profumato come il Sauvignon d’Aquileia.