Nel 1980, durante una passeggiata nei boschi vicini a casa, avviene il primo incontro tra Claudio Marzona e il mondo delle api. Quella mattina, un amico stava lavorando a degli alveari nel bosco, Claudio si avvicinò incuriosito e fu amore a prima vista. Da allora iniziò a formarsi prima con corsi locali, infine all’Istituto nazionale di Apicoltura di Bologna. Nei dieci anni successivi, dopo aver acquistato il primo alveare – la casetta e la famiglia da ospitarvi – Claudio si dedicò all’apicoltura soltanto come hobby per riempire il tempo libero dal lavoro in una concessionaria. C’erano stati gli studi di meccanica e fino ad allora aveva operato in tutt’altro settore. Solo nel 1990 decise di dedicarsi esclusivamente all’attività apistica. Negli anni successivi, in particolare dopo il 2000 con l’espansione dell’azienda, è arrivato il supporto dei fratelli Adriano e Francesco, tuttora presenti.
“Ci occupiamo dell’estrazione del miele – spiega Claudio – ma anche di polline e propoli: alimenti fondamentali nella dieta delle api. Il miele costituisce la parte energetica, il polline quella proteica, mentre il propoli è un potente antibatterico per le api, così come lo è per l’uomo”. Verso il mese di febbraio si inizia a monitorare le famiglie per accompagnarle nel risveglio da un semiletargo che avviene seguendo i ritmi della luce solare: più le giornate si allungano, più le api si attivano. Durante questo dormiveglia formano il glomere: un ammassamento, strette l’una all’altra per mantenere costante il calore degli individui e della massa dove risiede la regina. Anche se al di fuori la temperatura è di molti gradi inferiore allo zero, all’interno di questa struttura si possono raggiungere anche i 34 gradi, a patto che le api siano alimentate a sufficienza e in modo sano. Oltre ad ammucchiarsi, le api si spostano dal centro verso l’esterno per favorire la turnazione: chi è dentro esce e lascia il posto a chi è fuori. Un’architettura studiata nei minimi dettagli per combattere il freddo.
I mesi primaverili – aprile e maggio – sono tra i più delicati: gli alveari devono essere controllati costantemente per prevenire l’insorgere di malattie; inoltre si verifica il fenomeno della sciamatura: l’ape regina migra verso un altro alveare portando con sé un numero consistente di api operaie. Andranno a costituire un’altra famiglia mentre il vecchio alveare vedrà la nascita di una nuova regina. “È ovvio che bisogna svolgere questi controlli e l’estrazione del miele con la massima cautela. Sono femmine, si innervosiscono tanto se infastidite” ride Claudio. Il periodo di estrazione inizia ad aprile con il miele di tarassaco, segue a maggio l’acacia, poi l’amorfa e l’ailanto; giugno e luglio sono invece i mesi dedicati al millefiori.
Durante l’estate i fratelli Marzona cercano di sfruttare al meglio le essenze nettarifere che offre la nostra regione, così variegate grazie alle diversità di panorami e climi presenti nel territorio. Spostano gli alveari in alta montagna per permettere alle api di attingere ad altri fiori: naturalmente il risultato sarà totalmente diverso rispetto alla pianura. La stagione si conclude verso fine luglio, con l’estrazione del miele di tiglio e castagno. Quest’ultimo è il più particolare: “Amaro più degli altri, si abbina perfettamente a un tagliere di formaggi” conferma Claudio che usa il miele d’acacia come alternativa allo zucchero. Se invece vuole mangiare del miele con pane e burro, allora opta decisamente per il castagno.
Oggi l’azienda agricola dei fratelli Marzona conta all’incirca un migliaio di alveari, ma non è immune ai problemi degli ultimi anni legati al cambiamento climatico e quindi alla difficoltà, per le api, di trovare di cui cibarsi. “Ultimamente dobbiamo intervenire con integratori per supportare la loro dieta”. È un fenomeno che lo preoccupa, perché non vi è abbastanza consapevolezza di quanto le api siano importanti per il nostro ecosistema: “Sono degli insetti straordinari organizzati in società molto complesse dalle quali avremmo veramente molto da imparare.”