Nella stalla di Tiglioil dolce rifugio di Elisa di Vladimiro Tulisso, foto di Umberto Pellizon Q uando, agli inizi del Novecento, l’imprenditore Milton Hershey fondò in Pennsylvania (USA) la sua azienda di dolciumi, non aveva immaginato che oltre agli stabilimenti stava creando una cit tà che avrebbe portato il suo nome. Ora l’impresa Her shey Chocolate Company è una delle più importanti aziende alimentari degli Usa e Hershey – 150 chilometri a nord-ovest di Philadelphia – è conosciuta come la cit tà del cioccolato. È stato lì, dove i lampioni sono a forma di cioccolatini e il parco divertimenti attrae ogni anno tre milioni di persone in cerca di sapori e avventura, che una ragazza nata in Friuli ha compreso che il posto più dolce del mondo non era la città di cioccolato dove era approdata come ragazza alla pari, ma il luogo della propria fanciullezza nelle Valli del Natisone: Tiglio, un agglomerato di 24 case e una cinquantina di residenti. Elisa Manig, che ora ha 28 anni, era arrivata negli Usa dopo il diploma al liceo linguistico a San Pietro al Natisone e una laurea in Tecniche di radiologia medica all’Università di Udine. Quella negli States doveva esse re una parentesi di un anno per perfezionare l’inglese e fare un’esperienza lontano da casa prima di cercare un lavoro nel settore sanitario in Gran Bretagna. Tutto pia nificato, perché Elisa è una ragazza determinata. Ma con il passare dei mesi la nostalgia di Tiglio e l’ammirazione dei nuovi amici di Hershey per la bellezza del suo paesino – raccontato dalle foto nello smartphone – le hanno fatto comprendere come le persone conservino nell'animo il desiderio di tornare dove sono nate, timorose di smarrire qualcosa di importante. Elisa Manig Cosi, rientrata in Friuli, Elisa è stata più tempo a im maginarsi felice a casa che a concretizzare il progetto di vita oltremanica: “Il legame con il territorio – racconta mentre in stalla saluta per nome le vacche – l’ho scoper to giorno dopo giorno. Più passava il tempo e più sentivo rafforzarsi il rapporto con il mio paese, con le sue perso ne”. E con il passato di agricoltori della propria famiglia. Alla fine è apparso evidente che gli ingredienti c’erano tutti: la voglia di restare, gli spazi della vecchia stalla che fu gestita dal nonno Walter, l’esperienza del padre Luca, casaro nelle malghe della Slovenia. “E un po’ di rispar mi – confida – Pensavo di comprarmi un’auto, invece nel 2019 ho investito tutto nell’acquisto di tre vacche da lat te e sono diventata un’allevatrice. Prima di iniziare ho cercato di indagare l’offerta di formaggio in questa parte del Friuli. Nelle Valli mi sono scoperta quasi un monopo lio: qui le latterie hanno solo chiuso: nel 1996 ce n’erano 31, ora due. Ho compreso che c’era spazio anche per me”. Il percorso imprenditoriale non è stato facile e non solo per gli inviti a lasciare perdere che arrivavano da chi era già allevatore e avvertiva delle difficoltà a raggiun gere un reddito accettabile con il latte: “Aprire un alleva mento è durissimo – ricorda Elisa – Ci sono un’infinità di incombenze, ma il problema non è adempiervi, quanto avere un quadro chiaro di cosa fare. Servirebbe un proto collo in grado di identificare il percorso. Invece spesso mi sono sentita persa, con uffici che chiedevano documenti senza indicare come e dove avrei potuto reperirli”. Anche nell’acquisto di Sara, Simona e Gigante, le prime tre vac che che come le successive sono di razza pezzata rossa ita liana, l’inesperienza non ha aiutato: allevate in Friuli han no le corna (segno di gerarchia all’interno della mandria) e poca abitudine al pascolo. È per questo che le successive sono arrivate dall’Austria e dalla Baviera con le corna am putate – gli animali decornati hanno una stabulazione più facile, serve meno spazio e si evitano le lotte – e una buona attitudine al pascolo percorrendo anche molti chilometri al giorno, mentre gli animali abituati al chiuso si muovo no solo di qualche centinaio di metri. In questi mesi l’al levamento conta una trentina di vacche delle quali una decina, quelle con meno di due anni, nate in azienda; le altre tutte acquistate. Spiega Elisa: “Ci sono in media due nascite al mese e avvengono con la mia assistenza. Per pre pararmi al parto mi sono documentata anche su YouTube, ma è stato abbastanza semplice anche perché il pascolo è un buon allenamento per le vacche gravide che partori scono praticamente da sole. L’unica cosa che non riesco a fare è vendere i vitelli maschi. Non ho la stoffa per privarmene già alla terza settimana di vita, così se ne occupa Giorgio, un amico”. Fieno ed erba medica coltivati sui terreni aziendali in conversione biologica rappresentano l’alimento della mandria che produce circa 200 litri di latte al giorno. Questo viene trasformato crudo nella piccola latteria adiacente alla casa, mantenendo l’integrità aromatica e nutrizionale. Nel piccolo spazio adibito a negozio e zona di matura zione che fu la prima stalla del nonno, Elisa mette un po’ in disparte il romanticismo che la pervade quando parla con le vacche durante le ore destinate ad accudirle. In ne gozio è una ragazza pragmatica, con idee chiare e piglio da imprenditrice: “Il latte di qualità garantisce la bontà del formaggio – afferma orgogliosa – ed è quello che chiedono i miei clienti e anche i ristoranti ai quali fornisco i prodot ti. Un giorno è passata anche la chef stellata Antonia Klug mann: ha chiesto di assaggiare i formaggi e sono diventata sua fornitrice”. Non manca la sperimentazione come le caciotte con peperoncino, erba cipollina, noci, pistilli di zafferano; oppure un formaggio a crosta fiorita, altri sta gionati nel fieno, nello schioppettino o protetti dalla cera d’api. E il formaggio affinato in una grotta del Piancavallo per tornare in azienda più ricco di sapore, sapidità e con sistenza e superare la prova più impegnativa: l’assaggio di Elisa che – confida – in questi anni ha sviluppato i sensi e ora ha una buona “bocca”. Dopo due anni di impegno, Elisa è felice dei risultati emotivi ed economici raggiunti nonostante gli effetti negativi della crisi pandemica e dei lockdown: “Ho aperto il negozio verso metà febbraio 2020 e il 10 marzo siamo entrati in zona rossa che si è protratta fino al 3 maggio. Ho iniziato a comunicare con i social. Fa cebook e Instagram sono stati molti utili per farmi cono scere, creare attenzione sulla mia esperienza, organizzare consegne a domicilio”. Da allora molte cose hanno iniziato a camminare in discesa e la scrupolosa agenda di Elisa prevede i primi tre giorni alla settimana impegnati nella produzione, gli al tri in negozio, mentre la domenica è spesso dedicata agli eventi promozionali nei mercatini e alle degustazioni. Se non ci sono impegni di marketing, il pomeriggio del gior no di festa è il momento della libertà settimanale da cond ividere con Valentino, il fidanzato, che quando è libero le dà una mano in stalla. Con l’aiuto della famiglia si può anche sperare di ritagliarsi una sera di libertà durante la settimana. Un impegno troppo pesante per una ragazza di 29 anni? Forse, ma il lavoro non spaventa Elisa che ha in serbo tutta una serie di progetti che non vede l’ora di rea lizzare: uno spazio organizzato per ospitare una fattoria didattica (ci sono già Camilla, la capretta, assieme a galline e conigli) e uno spazio da adibire a porcilaia per riporta re in azienda i maiali. E poi il programma più ambizioso: ristrutturare un vecchio fabbricato da destinare a casa-va canze. Così da fare di Tiglio, se non il posto più dolce del mondo, almeno un luogo di bontà da servire in tavola. AZIENDA AGRICOLA MANIG Frazione Tiglio 16, San Pietro al Natisone (UD) Tel. 338 950 8112 - www.facebook.com/azagrmanig