A volte si ha la netta sensazione di essere di fronte a dei fuoriclasse. Capita quando si assiste a un evento sportivo e si rimane a bocca aperta, colpiti, emozionati dal gesto atletico del campione. Succede anche per altre cose della vita: per un grande artista, un compositore, un personaggio epico. Tanti possono essere gli esempi, ma assai rari da incontrare. Accade anche per il vino. Ma andiamo per gradi.
I fratelli Paolo e Gianni Petrussa hanno solo una decina di ettari a disposizione per una manciata di vitigni tra cui lo schioppettino, cultivar transfrontaliera (pokalza in sloveno) dalle origini antiche riconducibili alla valle di Prepotto e probabilmente proprio all’area di Albana anche se va detto che le ultime ricerche genetiche indicano come suo genitore la vulpea, varietà della Pannonia, territorio che si sviluppa nell’Ungheria, in Burgenland, nella parte nord della Croazia e parte della Slovenia. La storia familiare dei Petrussa non è rara nella società contadina friulana, ma certamente suggestiva e anticipa di molto quello che oggi, a causa della pandemia, molte persone hanno riscoperto e che potremmo definire con un concetto davvero semplice: ritorno alle origini. Ma “i nostri due” lo hanno fatto in tempi non sospetti, ben 36 anni fa!
“Era il 1986 – ricorda Gianni – quando decidemmo di lasciare un’avviata professione e far ritorno in Friuli. Non fu una scelta presa a cuor leggero, sapevamo a cosa saremmo andati incontro, ma la volontà di dare seguito alla piccola impresa agricola di famiglia e proseguire il lavoro di nonno Giuseppe era troppo forte. Non fu semplice spiegarlo ai nostri genitori Celestino e Giustina che ben sapevano cosa significasse la vita dura e magra del contadino”. Lavorare la vigna a Prepotto vuol dire che si deve inevitabilmente fare i conti con lo schioppettino. Un vitigno di territorio, rustico, presente ufficialmente in quest’area dal 1286, valorizzato dai documenti congressuali e dai bollettini agrari friulani come esempio di vite da reimpianto fin dai primi decenni del ‘900. Fuori da Prepotto, terra di vini rossi da sempre soprattutto per la Pokalza e Merlot, lo schioppettino non dava i risultati sperati e piano piano scivolò nell’oblio, sfruttato come uva da vino rosso da grande produzione e mai appieno valorizzato tanto da essere escluso anche dall’elenco dei vitigni autorizzati. Un disastro a cui contribuì a porre rimedio nel 1975 il Premio Risit d’aur organizzato dalla famiglia Nonino che non si rassegnava alla cancellazione di vitigni storici come lo schioppettino, il tazzelenghe e il pignolo. L’eco del Premio concorse a ribaltare l’esclusione ministeriale e la coltivazione di queste cultivar ridivenne “legale” nel 1978. Ma i vignaioli di Prepotto decisero che era necessario segnare in profondità le qualità e le potenzialità del loro vitigno e così nel 2008 divenne operativa anche la sottozona del Friuli Colli Orientali denominata “Schioppettino di Prepotto”.