Il vecchio vigneto di malvasia. Lo vedo ogni giorno lungo la strada che percorro da casa fino in cantina. Osservo queste piante con gli occhi di una
vignaiola e il cuore di una donna. È una sensazione di pace e di forza al tempo stesso, di resistenza e di onore, di regole e di insegnamenti. Vedo le
mani di mio padre, di mio nonno e di chi prima di loro ha curato questa vigna con passione e con pazienza. Vedo le donne friulane che piegate dalle
guerre che hanno flagellato il nostro territorio si sono sempre rimboccate le maniche sostituendosi agli uomini di famiglia impegnati sul fronte. Vedo
le lacrime di gioia per le buone annate e sento il sapore amaro di quelle di rabbia e sconforto delle annate difficili. Sento le risa e vedo i piedi
scalzi che pigiano i grappoli e la fatica che diventa un momento di festa. Vedo gli assaggi nelle vecchie cantine, nasi che cercano sentori e profumi,
condivisioni e consensi.
E poi vedo me stessa che da quelle stesse piante ricerco un prodotto in linea con i gusti e i tempi moderni. Un
prodotto di qualità, perché questo è il punto di partenza e di arrivo. E sarei talmente ostinata da desiderare di poter fare tutto con le mie stesse
mani, sicuramente con la stessa onestà e passione di chi mi ha preceduto. E penso che questa caparbietà di noi friulani in qualche modo deve essere
nella linfa di queste piante di Malvasia. Un vitigno giunto fino a noi nel 1300 grazie ai mercanti veneziani della Serenissima che lo diffusero prima a
Creta e poi lungo tutta la costa adriatica dalla Dalmazia all'Istria, fino al Carso Triestino per poi arrivare al Collio e ai Colli Orientali del
Friuli.
Nel nostro territorio, fino agli anni sessanta assieme al Tocai Friulano e alla Ribolla Gialla veniva utilizzata per produrre un vino (il più consumato in quei tempi) che univa in maniera perfetta le singole caratteristiche delle tre uve di provenienza: dal Tocai il corpo e la struttura, dalla Ribolla Gialla frutto e freschezza acida e dalla Malvasia sapidità e alcool. Oggi invece è sempre più valorizzato come vitigno autoctono vinificato in purezza, che si caratterizza per grande mineralità. La sua unicità lo distingue anche dalle altre malvasie aromatiche. Pur essendo una varietà minore, ho creduto molto in questo vitigno inserendolo nella nostra selezione aziendale Myò che valorizza proprio i vigneti storici delle nostre tenute. Ed è in questa etichetta, in questo calice capovolto che racchiude e protegge che rivedo me stessa, i miei genitori, la mia famiglia, la mia nipotina. È per loro e con loro che porto avanti i miei tanti progetti trascinata dalla passione e amore per la mia terra.
Annalisa Zorzettig