Nella vigna e in cantina il percorso sostenibilità di Vladimiro Tulisso, foto di Daniele Mazerli C on la firma dei rappresentanti di 193 Paesi, il 25 set tembre 2015 fu sottoscritta nella sede delle Nazioni Unite l’Agenda 2030. Da allora sono trascorsi quasi sette anni ed è lecito chiedersi: quali risultati sono stati rag giunti? Quali dei 17 obiettivi programmati – che tengono conto di economia, sociale ed ecologia per portare il mon do su un sentiero sostenibile – si sono, almeno in parte, concretizzati? Purtroppo lo scenario non è buono. L’Istat, l’Istituto italiano di statistica, su mandato delle Nazioni Unite ogni anno pubblica un Report con il monitoraggio degli obiettivi. L’ultimo aggiornamento – di agosto 2021 – ha giustificato il ritardo con le conseguenze dell’impatto della pandemia da Covid-19 sul percorso dell’Agenda. La mappa regionale dell’Italia nella sua inadeguatezza mostra una differenza dello sviluppo sostenibile a favore delle re gioni del Nord-est rispetto al Sud e alle Isole: le province autonome di Trento e Bolzano, a esempio, collocano il loro territorio nella posizione più virtuosa; la Sicilia si confer ma in quella più svantaggiata. I 17 obiettivi dell’Agenda 2030 coinvolgono significati vamente l’agricoltura che dovrà garantire sistemi di pro duzione alimentare sostenibili, proteggere la biodiversità, migliorare la gestione dell’acqua, limitare il rilascio di so stanze chimiche, tutelare gli ecosistemi e ridurre il degrado degli ambienti naturali. Bisogna curare la Terra che non sta affatto bene: tra le specie terrestri presenti in Italia sono a rischio di estinzione oltre il 30% dei vertebrati e circa il 20% degli insetti mentre continua a crescere la presenza di specie alloctone invasive (più di 11 nuove specie introdotte ogni anno dal 2000 al 2017). Nel nostro Paese oltre l’80% delle Regioni hanno già raggiunto il target relativo alle coltivazioni biologiche, ma più dell’80% registra ancora un andamento negativo sull’efficienza delle reti idriche, sulle emissioni di gas ser ra e va ancora peggio in tema di efficienza energetica e del consumo di suolo. In questo preoccupante scenario tanti agricoltori, spesso giovani, hanno dimostrato di credere nella possibilità di conciliare il legittimo interesse d’impre sa con il bene pubblico della difesa del suolo, della biodiver sità e della salute dei cittadini. Sempre più aziende del vino guardano alla sostenibilità come a una strada che dovrà intraprendere anche la filiera vitivinicola per valorizzare il paesaggio, ridurre l’inquinamento, ridare longevità pro duttiva ai territori per arrivare a prodotti – come ha scritto il vignaiolo Lorenzo Corino (su L’essenza del vino e della viti coltura naturale, 2019 ) – “che portano il carattere del luogo da dove giungono, ne raccontano la provenienza, la stagionali tà, i vitigni del luogo”. Un’accelerazione potrebbe arrivare anche dai segnali del mercato. In Italia, nell’ultimo anno, il dieci per cento degli abituali consumatori di vino hanno acquistato un prodotto sostenibile. Lo sostiene il Report Wine Monitor di Nomisma, secondo il quale il 25 per cento degli acquirenti dichiara di aver notato nei negozi o nei ristoranti prodotti che hanno in etichetta loghi con la certificazione di sosteni bilità o altre caratteristiche green e i consumatori si dichia rano disponibili a modificare i propri acquisti in relazione alla diminuzione dell’impatto ambientale pronti a pagare mediamente un 35% in più per il prodotto. Fino a dieci anni fa, il vino biologico era un articolo di nicchia, ma negli ul timi tre anni le vendite sono aumentate del 60%. Il perché cerca di spiegarlo l’indagine di Nomisma: il 59% dei consu matori vede nei vini biologici una qualità superiore rispet to ai vini convenzionali e per il 75% degli intervistati c’è il valore aggiunto del rispetto per l’ambiente pur mancando garanzie sulle certificazioni in un Paese che, dal Duemila, ha visto nascere una ventina di disciplinari sulla sostenibi lità con la conseguente confusione. Una risposta in tema di trasparenza delle certificazioni potrebbe venire dalla recente istituzione, da parte del Mi paaf, del Comitato della sostenibilità vitivinicola (CoSVi) che avrà il compito di definire un disciplinare e individua re gli indicatori necessari alla valutazione di impatto della filiera vino sull’ambiente. Il nuovo provvedimento prevede un sistema unico nazionale con regole per la produzione green (dal vigneto alla cantina) sul modello di quanto si sta già facendo in Nuova Zelanda dove, proprio grazie alla pro duzione verde, arrivano significativi risultati dai mercati. Dall’inizio del XXI secolo, la conversione dei vigneti al regime biologico è aumentata in modo considerevole. Nel 2019 erano 63 i Paesi del mondo che avevano adottato la viti coltura biologica e si stima che i vigneti bio nel mondo rap presentino il 6,2% del totale delle aree vitate. In Italia il 15% dei vigneti è coltivato a regime biologico prima di Francia (14%) e Austria (13%). Nel nostro Paese, nel 2020, sono stati prodotti circa tre milioni di ettolitri di vino biologico e se nel 2013 il vino biologico aveva un senso per il 2% degli ac quirenti, nel 2018 – sempre secondo il Report Wine Monitor – il 41% dei consumatori ha dichiarato di aver bevuto vino biologico almeno una volta. In Franciacorta oltre il 65% delle aziende vitivinicole sono bio con prodotti particolar mente apprezzati sui mercati del nord Europa dove più alta è la sensibilità alle tematiche ambientali. Negli ultimi anni anche per i vini, come per il resto dei prodotti agricoli, i consumatori pongono attenzione a quelli che valorizzano la sostenibilità ambientale. Su questo fron te numerose aziende, in Italia e non solo, stanno adottando processi produttivi che riducono l’impatto sul clima. Uso di energie rinnovabili, stoccaggio di CO2 mediante l’impian to di siepi e boschi, impiego di materiali biodegradabili nei processi produttivi, uso di nemici naturali nel controllo dei parassiti, minor peso delle bottiglie e del packaging hanno permesso a molte aziende di raggiungere standard produt tivi di alto livello in relazione alla riduzione dell’impatto coniugando l’uso di nuove tecnologie con il ritorno a pra tiche agricole tradizionali, più rispettose dell’ambiente e della salubrità del prodotto. La recente approvazione da parte del Parlamento della legge sul biologico consentirà anche all’Italia di allinearsi alle politiche Ue che, con il Green Deal, la strategia Farm to Fork e il Piano d’azione Europeo per il biologico, puntano a una crescita consistente del settore. Dopo 15 anni e tre le gislature, l’approvazione di una norma fondamentale e at tesa dal settore darà la possibilità, a esempio, di registrare il marchio biologico “Made in Italy” o di istituire distretti biologici dei territori rurali a tutto beneficio di una valoriz zazione dell’immagine dell’Italia che ha una forte vocazio ne al biologico. Un recente progetto in tema di sostenibilità coinvolgen te la filiera vitivinicola è stato messo a punto dalla Coopera tiva Viticoltori friulani di Casarsa che ha presentato il primo Prosecco Doc sostenibile. Dal vino – ottenuto da uve certifi cate SQNPI (le tecniche di produzione integrata) – alla botti glia in vetro riciclato; dal tappo di sughero certificato e fino all’etichetta stampata su carta ottenuta dalla trasformazione dei residui dell’uva che sostituiscono fino al 15 per cento del la cellulosa proveniente dall’albero. “In un momento in cui si parla tanto di sostenibilità – ha sostenuto Mirko Bellini, di rettore commerciale della cooperativa – La Delizia vuole con cretizzare con i fatti questo impegno e con il Prosecco Doc dimostra che c’è tutta una filiera, dalle barbatelle ai trasporti, che può essere declinata in maniera sostenibile”.