Competenze familiari condivise, tempo largo e fasi cicliche scandite dai ritmi della natura e delle conoscenze stratificate, mani sapienti, le parole e le esperienze del nonno, il sale, le temperature, le stagioni e le stagionature, l’esposizione, l’areazione naturale, il vento e il clima, il fiume Tagliamento, le Prealpi, l’orizzonte adriatico, le scalere in legno, la qualità artigiana a dispetto della quantità industriale. Una complessità di fattori fatta di “semplice” autenticità: è il “marchio” del Consorzio che si trasforma in “benchmark” e il metodo di produzione, il Disciplinare, in “bookmark” furlan. Indubbio. Poi, alla fine di tutto, c’è il prosciutto di San Daniele DOP, autentica icona del comparto agroalimentare italiano, tra i prodotti food più ricercati e acquistati al mondo.
Nell’anno di riferimento 2020 le vendite di questo prodotto sul mercato estero si sono attestate intorno ai quattro milioni di chilogrammi, dei quali più della metà è stata destinata ai Paesi dell’Unione Europea, come dimostrano i dati relativi all’export. Viene spontaneo chiedersi da dove derivi l’appeal di questo prodotto? Il suo gusto e la sua consistenza inconfondibili, la capacità di trasmettere l’unicità del territorio dal quale proviene, i suoi particolari valori nutrizionali? Certamente è un insieme di elementi ad aver decretato, nei decenni, il successo di questo prosciutto, tutti affinati nel caratteristico borgo di San Daniele del Friuli, nel suo microclima e nelle sapienti mani degli artigiani e dei produttori che da secoli tramandano l’antica arte della norcineria.