Nell’Antico Caffè i custodi del liberty di Francesco Antonini, foto di Fabrice Gallina Lei e lui, lui e lei. Lei si chiama Eugenia Fenzi, ha un sorriso accattivante e ascendenze multiple di terra e di mare come tanti triestini. Lui invece è Alexandros “Alex” Delithanassis detto il greco a chilometro zero, figlio di una friulana che negli anni dell’università a Trieste si innamorò di uno studente di Salonicco. Coppia nella vita e nel lavoro, lui e lei, lei e lui gestiscono da nove anni l’Antico Caffè San Marco, un locale che non è soltanto un pezzo di storia, ma quasi un’istituzione, se la parola non vi suona troppo retorica. E quei due non hanno nessuna intenzione di mollare a dispetto di pandemia, bollette pazze e rincari delle materie prime. “Perché è vero che ci sono momenti di stanchezza – ammette Eugenia davanti a una piacevole Vitovska di Budin, uno dei produttori emergenti del Carso triestino – è vero che il locale è aperto sette giorni su sette e noi praticamente siamo sempre qui, ma la bellezza di questo posto che ha conservato lo stile liberty del 1914 con arredi, stucchi e tavolini tutelati dalla Soprintendenza mi dà forza”. Oggetti che richiedono una manutenzione accurata e non sempre agevole, ma donano a chi entra una piacevole sensazione da viaggio nella macchina del tempo. Stiamo parlando, per chi non lo sapesse o l’avesse soltanto orecchiato da lontano, del Caffè dove Italo Svevo conversava con l’amico James Joyce e si dedicava al romanzo che gli avrebbe dato imperitura fama, “La coscienza di Zeno”. E certamente anche del luogo prediletto di Claudio Magris, l’intellettuale triestino che qui è talmente di casa da farsi mandare la posta c/o Antico Caffè San Marco, via Battisti 18/A, cap 34125, Trieste. Molto più di un bar, dunque. E lo si è capito fin dall’inizio, quando le pareti bianche, le foglie di caffè verdi e le bacche rosse non lasciavano dubbi sul carattere irredentista del San Marco negli anni dell’Impero, tanto che gli austriaci pensarono bene di distruggere quel locale-simbolo all’alba della Prima guerra mondiale. La storia successiva ha confermato la vocazione a far convivere dimensioni diverse: negli anni Ottanta ci si andava per chiacchierare a lungo, ma anche per giocare a biliardo o a scacchi. E oggi – grazie alle scelte di lui e lei – la gamma delle possibilità è ancora più ampia. “Abbiamo cominciato a fantasticare sul Caffè San Marco nel 2013 – racconta Eugenia – quando il locale dovette chiudere per la morte del gestore Franco Filippi. Alex aveva una libreria qui vicino, la Asterios che porta il nome di suo padre e vedevamo un sacco di gente, turisti soprattutto, arrivare fino alla porta del bar per poi tornarsene delusa. Finalmente le Assicurazioni Generali (proprietarie dei muri, ma anche del Caffè Tommaseo e del Caffè degli Specchi, altri storici locali triestini, ndr) hanno fatto uscire il bando per la nuova gestione. E noi l’abbiamo vinto proponendo di portare i libri dentro il locale, una novità assoluta anche se il San Marco è sempre stato un Caffè letterario dove si organizzano eventi, presentazioni e conferenze stampa. Una tradizione che noi portiamo avanti con grande impegno”. Di certo la scommessa si è rivelata vincente: “Non capiamo mai se uno è entrato per i libri o per bere un caffè”, scherza Fenzi prima di spiegarci che i quattromila volumi rispondono a criteri di scelta precisi: i grandi classici della letteratura locale e mitteleuropea e tutto quel che è possibile su cucina, vino, arte e natura del territorio. Tanto più che Eugenia è capodelegazione del Fai di Trieste. L’altra grande novità introdotta dai gestori è il ristorante. Può sembrare strano, ma prima non si usava andare al di là di caffè, pasticcini, al limite un toast o un tramezzino. “Non era un’abitudine triestina – conferma la titolare – nemmeno negli altri caffè storici. E invece a Vienna si pranza e si cena abitualmente nei Caffè. La conseguenza è che la clientela è ancor oggi soprattutto straniera, in particolare austriaci e tedeschi, mentre chi è del posto in genere sceglie il San Marco per festeggiare anniversari e cerimonie”. Il ristorante punta su stagionalità e territorio, affidandosi ovviamente all’estro dello chef, ma senza esagerare con i prezzi, che restano standard. Una delle particolarità è la Carta degli oli: “Ci credo molto – spiega Eugenia – anche perché nel Carso triestino abbiamo diversi produttori eccellenti”. L’altro aspetto-chiave è l’abbinamento cibo-vino: per ogni piatto è suggerito un assaggio diverso e qui entra in gioco la competenza professionale della titolare, sommelier dalle idee chiarissime: “Nella nostra enoteca, fruibile anche per l’acquisto diretto delle bottiglie, abbiamo circa 400 etichette e sono tutti vini della Mitteleuropa, con l’eccezione di Franciacorta e Champagne. Immagino che un cliente austriaco a Trieste preferisca assaggiare un Terrano piuttosto che un Chianti e a un italiano che proviene da regioni lontane non voglio proporre un Nero d’Avola, ma magari un vino austriaco”. La carta dei vini del San Marco spazia allora dalle eccellenze del Friuli Venezia Giulia – in particolare il vicino Carso, Collio e Colli orientali – al Veneto, dal Trentino Alto Adige alla Slovenia, dall’Austria alla Germania, con una serie di chicche come i vini di Repubblica Ceca (Traminer, Riesling) e Ungheria (il celebre Tokaji da dessert). “C’è ancora della strada da fare per sviluppare la cultura del vino di qualità e io sono un po’ talebana su questo: vorrei abituare la gente a mangiare e bere bene. Per questo proponiamo anche le bottiglie top a un prezzo abbordabile”. Ovviamente questa attenzione comporta la necessità di personale qualificato, capace di interloquire con una clientela che – nei vari momenti della giornata – passa dal ragazzino delle medie allo studente universitario, dall’habitué triestino al turista tedesco, dall’uomo d’affari all’avvocato che ha appena finito di lavorare nel vicino Tribunale. “Il problema – spiega Eugenia – è che quando va via un cameriere bravo devi ricominciare da capo… Noi comunque investiamo molto nella formazione, in particolare sul vino e sul caffè. E notiamo con piacere che, se fino a 10-20 anni fa molti chiedevano di servire ai tavoli solo perché non trovavano altri lavori, oggi la cultura della gastronomia, del vino e degli spirits ha nobilitato un mestiere che è impegnativo, ma può dare grandi soddisfazioni”. Tutto giusto, ma si può concludere un articolo su un Caffè che ha più di cent’anni senza parlare del caffè? No di certo, perché è quella la prima indispensabile password attira-clienti. “Fin dall’inizio – racconta ancora la titolare – abbiamo voluto una nostra miscela di caffè e ci siamo affidati a una meravigliosa realtà triestina, quella della Sandalj trading company, in particolare a Vinko Sandalj purtroppo nel frattempo scomparso e a Edy Biecher, fantastico “naso”. Grazie a loro abbiamo realizzato una miscela 90 per cento arabica e 10 per cento robusta. E abbiamo delle macchine da caffè della Elektra molto scenografiche, fotografate da tanti clienti, che sembrano antiche, ma in realtà sono all’avanguardia”. Anche in questo campo è fondamentale istruire il personale. Perché il caffè, riassume la titolare, “ha due chef: il torrefattore e chi è in macchina. Per farlo veramente buono la miscela è importante, ma conta altrettanto l’operatore”. La miscela infatti dev’essere tarata in base al meteo: “L’umidità influisce molto e il caffè deve scendere in tot secondi per l’estrazione a caldo della caffeina, della parte aromatica. Bisogna saper pressare nel modo giusto”. Anche così il San Marco resta al passo con la sua gloriosa storia. ANTICO CAFFÈ SAN MARCO Via Cesare Battisti 18/A, Trieste Tel: 040 2034557 — www.caffesanmarco.com