Il tocai della memoria ha il suo vigneto storico di Renzo Zorzi, degustazioni di Gianluca Castellano, foto di Fabrice Gallina Ecco la storia di un vigneto davvero speciale e, di riflesso, quella di un vignaiolo saggio che ne ha capito il valore tanto da preservarlo con dedizione assoluta. Il contesto è l’areale di Rocca Bernarda, cru indiscusso della denominazione Friuli Colli Orientali le cui radici affondano nel tempo ed è anche patria del Picolit che, agli inizi del ‘900 grazie a Giacomo Perusini, fu tolto dall’oblio a cui era confinato dai tempi della scomparsa del conte Fabio Asquini da Fagagna. Rocca Bernarda fu un feudo del patriarcato aquileiese e la famiglia Valvason vi realizzò la residenza fortificata. A ultimarla fu Bernardo Valvason nel 1567 e le diede di fatto il suo nome. Un luogo caro a Gino Veronelli che contribuì a farlo conoscere al di fuori dei confini regionali. È un complesso di colline marnose che si erge tra Premariacco, Corno di Rosazzo, la Badia di Rosazzo e il Bosco Romagno. Il tutto a un passo dalla Slovenia, spazzato dai venti di Bora, ma anche accarezzato dalle tiepide folate di Scirocco che provengono dal vicino Adriatico. A pochi chilometri si trovano le vette del Canin e del Triglav, i due gruppi montagnosi più alti delle Alpi Giulie che garantiscono lo sbalzo termico necessario. Il contesto naturale e paesaggistico è superbo e vale la pena di inerpicarsi sulle stradine in cui si alternano vigneti rigogliosi e curatissimi a fitti boschi dalle tipiche essenze botaniche friulane. Quasi tutti i vignaioli che qui lavorano la vigna hanno pochi ettari a disposizione e le loro origini sono contadine. Una viticoltura schietta e sincera, con l’orgoglio di chi sa di aver riscattato generazioni di fatiche, ha i piedi ben piantati nel quotidiano e il pensiero di migliorare nel concreto il futuro. È la storia anche della famiglia Gigante. Ferruccio faceva il mugnaio, ma la sua passione era fare il contadino e allevare la vite. Nel 1957 prese casa e le annesse vigne sulle colline di Rocca Bernarda da cui ricavava del vino da vendere nelle mescite del paese. Adriano, il nipote, negli anni ’80 decise l’ardine, con la forza dei vent’anni, di iniziare gli imbottigliamenti dando una svolta decisiva all’azienda di famiglia. Giuliana e Adriano Gigante Oggi la giornata sembra promettente. L’idea è quella di assaggiare e descrivere qualche annata del vino bandiera di Adriano Gigante, quel “Tocai Storico” che da sempre annoveriamo con convinzione come una delle migliori espressioni ottenute da questa cultivar. Già dall’accoglienza e dalle prime battute però ci accorgiamo che si tratta di una giornata non solo promettente, ma speciale. “Ho cercato a lungo in cantina – esordisce sorridendo Adriano – e ho trovato diverse annate, di alcune è rimasta una sola bottiglia, ma credo che sia giusto provare anche quella”. L’occasione è irripetibile e dunque perché non assaggiare 26 annate? Dal 2020, ultima annata ora in commercio, giù a ritroso fino alla sorprendente 1990. Alla degustazione, oltre a Adriano, c’è Giuliana moglie e prima collaboratrice in azienda. Tra i due un’intesa perfetta e d’altra parte per due che amano il ballo tanto da farne il loro hobby preferito devono andare all’unisono e tenere il passo anche nel lavoro. Il nome “Storico” compare per la prima volta in etichetta nel 1999. Prima era semplicemente “Tocai Friulano” pur proveniente sempre dallo stesso unico vigneto. Vi si trova un vecchio biotipo di tocai chiamato comunemente giallo che non ha mai subito cambiamenti e l’età media dell’impianto è di almeno 75 anni. Il rimpiazzo delle viti è massale ovvero sono le marze delle stesse viti a essere utilizzate per i normali ricambi in vigna. Vale la pena di citare un episodio curioso che riguarda il vigneto e ben spiega le sue fortunate caratteristiche. “Diversi anni fa – racconta Adriano – era ospite del nostro agriturismo annesso alla nostra azienda un agronomo di fama internazionale, stretto collaboratore di uno dei più importanti produttori di vino piemontese, probabilmente il più conosciuto al mondo. Dopo la colazione mattutina decise di fumarsi una sigaretta e per farlo uscì in cortile che ha di fronte il vigneto in questione. L’occhio esperto fu incuriosito dal tappeto erboso tra i filari e vi si addentrò per qualche decina di metri. Ci incontrammo a pranzo e mi disse con un inaspettato entusiasmo: “Certo che lì, nel vigneto dietro casa, fai delle uve eccezionali”. Rimasi molto sorpreso, anche se in effetti ne ero ben consapevole, ma solo perché eravamo ai primi di aprile e dell’uva non c’era nemmeno l’ombra e quindi chiesi “Hai assaggiato il vino? No – rispose – ma si vede subito che li vengono uve formidabili. Basta guardare a terra, la ricchezza di biodiversità data delle erbe che ho visto in quel terreno non può che generare dell’ottimo vino”. La risposta che ricevetti mi aprì un mondo nuovo e facendo mente locale ricevetti la risposta alla mia domanda di sempre ovvero del perché in quel vigneto l’erba era diversa, fitta e rigogliosa, con essenze che difficilmente si trovavo negli altri miei vigneti. Perfino lo sfalcio dell’erba risultava complicato. L’humus che si era creato probabilmente in migliaia di anni generava una forza vitale unica. Il vigneto, posto sul terreno di ponca, occupa una collina con una pendenza naturale del 18% e quindi non è stata mai terrazzata dall’uomo e mai subito l’azione di scasso da macchinari. Una collina ancestrale che è così da millenni. Questo terreno è ricchissimo di biodiversità che sprigionano energia dalle sostanze organiche che nutrono la vite. Inoltre – conclude Adriano – in questo vigneto non è mai stato fatto il diserbo e non si è mai lavorato in profondità”. La degustazione ha inizio e assaggio dopo assaggio si colgono le peculiarità delle varie annate, delle specifiche sensazioni organolettiche spesso dovute ai singoli andamenti climatici, ai periodi vendemmiali. Durante la degustazione emerge netta la caratteristica di questi Tocai che è l’aderenza al vecchio stile, dove si riscontra la personalità fatta di materia glicerica e di sapidità, di struttura e di eleganza. Ben lontano da quei vini moderni che spesso sono frutto più della ricerca esasperata della perfezione enologica e della tecnologia che del cuore. “È il mostro modo di concepire il Tocai – spiega Gigante – non vogliamo cambiare perché rappresenta la nostra identità”. Man mano che la lunga degustazione prosegue e si affrontano le annate più mature, si avverte nel vino che il tempo è passato senza sfiorarne l’integrità organolettica. Così il Tocai 1997 sorprende per l’eleganza fuori dal tempo, un vero campione! Così come bastano poche olfazioni e una veloce anteprima in bocca per rendersi conto della straordinaria finezza e armonia del Tocai 1996 al quale non basta il solo esprimersi attraverso l’integrità, ma fa quello che solo pochissimi vini riescono a fare ovvero conquistare il cuore e la mente attraverso una sorta di brivido liquido, che racchiude la genesi di questo territorio. Un’annata che ci ha abituato a prestazioni fuori dal comune, sia per quanto riguarda i vini bianchi che quelli rossi della nostra regione. È quel Friuli enologico a cui l’Italia guardava con ammirazione. Se la 1996 mostra le sfumature del binomio vitigno-territorio, il Tocai 1993 appaga, provoca, spiazza e sembra inizialmente di trovarsi di fronte un riesling renano dalla beva formidabile. Anche in questa occasione, da Adriano e Giuliana abbiamo sentito, tanto da avere l’esigenza di raccontarla, una delle piccole grandi storie di vigna, vissuto esperienze ed emozioni di un Friuli Venezia Giulia che vale la pena di visitare. ADRIANO GIGANTE Località Rocca Bernarda 3, Corno di Rosazzo (UD) Tel: 0432 755835 — www.adrianogigante.it LA SCHEDA Friulano Vigneto Storico : tocai friulano (clone antico chiamato tocai giallo) : Friuli Colli Orientali. : Comune di Corno di Rosazzo (UD). Singolo vigneto, non terrazzato e mai lavorato in profondità, denominato “storico” situato nei pressi dell’azienda di Via Rocca Bernarda. Mai stato oggetto di diserbo. L’altitudine media è di 150 m s.l.m. La pendenza del terreno è il 18%. L’esposizione è Sud/Est. Il terreno è composto da marna e arenaria, localmente definita ponca. : ecosostenibile, in conversione biologica. cappuccina, doppio capovolto. : 75 anni. Il rimpiazzo delle viti esauste è massale tramite le marze dello stesso vigneto. : 75 q.li/ha. Uve Denominazione Area di Produzione Viticoltura Metodo di allevamento: Età media delle viti Resa per ettaro : 3200 ceppi/ha. : metà/fine agosto. : fermentazione in acciaio. Matura sempre in acciaio sulle fecce fini per 8 mesi. Dopo la filtrazione il vino è imbottigliato e rimane ad affinare per 10 mesi. : 6.000. : 10-12 °C in calici ampi (Riedel Vinum Extreme Riesling). : euro 20. Densità del vigneto Epoca di raccolta uve Vinificazione Bottiglie prodotte nell’annata 2020 Temperatura ottimale di servizio Prezzo medio al pubblico in enoteca