Vino e turismo hanno un rapporto inscindibile e non solo per le oltre 600 varietà (comprese le 182 da tavola) registrate al Catalogo nazionale della vite. Molti di questi vitigni sono autoctoni, spesso strettamente legati non solo alla tradizione e alla cultura enologica di una singola regione, quanto a territori più limitati, microzone con caratteristiche ambientali ideali dove le varie tipologie di vitis vinifera esprimono le migliori caratteristiche organolettiche. Per molte zone enologiche e certamente anche per una significativa porzione del Friuli Venezia Giulia, la produzione di vino rappresenta una parte della propria storia e identità che formano il patrimonio culturale immateriale del territorio. Fare dell’enoturismo affrontando un viaggio alla scoperta dei vitigni autoctoni d’Italia (siamo custodi della metà di tutte le varietà del mondo) significa trovarsi a indagare ogni angolo della Penisola, ogni lembo della sua cultura.
Il Friuli Venezia Giulia è la regione del Nordest d’Italia che con le difficoltà legate all’emergenza sanitaria Covid ha perso meno turisti: 1,9 milioni di arrivi nel 2021 rispetto ai 2,7 del 2019 (-28%); 7,3 milioni di presenze contro 9 milioni (-19,5%). Sembrano percentuali dolorose, ma questi mesi – con un andamento stagionale favorevole – hanno trasformato il segno meno in uno positivo. Con alle spalle un mercato che conta circa 15 milioni di visitatori/anno e un giro d’affari di circa 2,7 miliardi di euro, anche il settore enoturistico per il 2022 si augura di tornare ai numeri del 2019.