Cosa succede quando ci “beviamo” il cervello

di Matteo Bellotto, foto di Vincenzo Fasanella

Ma cosa succede mentre ci avviciniamo a un calice di vino? L’intento dell’approccio è, e cerca di essere sempre, figlio di una accresciuta consapevolezza fatta di studio, esperienza, curiosità, umiltà e misura. Ogni sommelier conosce questo approccio, o almeno dovrebbe, entrando a fare parte di un’Associazione o studiandone i diversi livelli, e il passo successivo è il linguaggio adeguato che tenta di tradurre in maniera il più possibile universale le sensazioni individuali. 


Questo è certo ciò che si tenta di fare quando si diventa sommelier con il rischio di una “schiavitù” delle parole che comporta l’ulteriore pericolo dell’allontanamento di chi quel linguaggio non lo possiede.

L’incontro con Rime Mute 

Eppure il vino si beve, si condivide, ci fa dimenticare a poco a poco le nostre distanze e ci avvicina. Sono stato infatti avvicinato, come sommelier, dall’associazione Rime Mute.
“RiMe MuTe” (Ricerca, Media, Musica e Tecnologia) è un’associazione di promozione sociale che vuole essere rete ed infrastruttura per giovani artisti e talenti under 35 nel settore culturale e musicale. In particolare, si vuole valorizzare e far muovere i giovani musicisti e performer, come solisti, ensemble o accompagnati da orchestre in reti culturali forti e già affermate nel territorio. Produrre e fare rete, mettendosi in moto come un’enzima per il ricambio generazionale degli interpreti”. Quelli messi tra virgolette sono gli obiettivi enunciati sul loro sito. E poi ho scoperto che l’associazione, con lo spettacolo Mezzo- Cielo, ha compiuto un passo avanti nella profondità del nostro sentire. 


Una mappa delle emozioni 

Grazie infatti all’ausilio di un caschetto neuronale in grado di misurare l’attività elettrica delle diverse parti del cervello, si è riusciti a ricreare, tramite un software, una sorta di “mappa” delle emozioni. L’esperimento è stato messo in campo durante le prove del talentuoso musicista Matteo Bevilacqua, giovane pianista sensibile e preparato, che una volta indossato il caschetto hanno prodotto disegni proiettati su uno schermo. Queste figure hanno letteralmente dipinto la musica che stava suonando, lasciando tutti gli spettatori abbagliati perché i disegni erano il prodotto istantaneo di ciò che il suo stesso suonare emanava. Era la musica, in altre parole, che suonava la sua testa e ne disegnava i percorsi. Ogni segno che si dipingeva sullo schermo era infatti riferito alle diverse aree del cervello che interagendo tra loro affiorano, si lasciano segnare e compaiono alla vista.