Etichette e Nutri-score: FVG apripista del “no”

di Vladimiro Tulisso, foto di Fabrice Gallina

La decisione dell’Irlanda di introdurre avvertenze sulle etichette delle bottiglie di vino, per informare i consumatori sui pericoli della bevanda alcolica un po’ come si fa con chi acquista un pacchetto di sigarette, ha avuto sull’opinione pubblica l’effetto di un velo stracciato. Aprendo gli occhi su una battaglia che fino a quel momento era rimasta sottotraccia. Ci voleva infatti un esempio concreto, immediatamente percettibile come le etichette che associano il consumo di vino al cancro, per svelare all’opinione pubblica i grandi preparativi di due eserciti contrapposti che in realtà si combattono da anni ma fino a quel momento avevano fatto poco rumore. 

Il tema – complesso e vasto – si può riassumere in una domanda: la tutela della salute dei cittadini nel campo dell’alimentazione, principio ampiamente condiviso a livello europeo, ha bisogno di scelte dirigiste, di indicazioni precise, di rigidi sistemi di valutazione delle caratteristiche di ogni prodotto da parte delle autorità politiche? Ha bisogno in altre parole del sistema Nutri-score, un semaforo che classifica i cibi e le bevande dal verde al rosso passando per le sfumature di giallo e arancione, o sono sufficienti le attuali informazioni nutrizionali di massima, lasciando al buon senso del cittadino-consumatore la scelta finale tra gli scaffali dei supermercati? 

Le etichette irlandesi e il Nutri-score rappresentano i cavalli di battaglia dell’esercito dirigista-avanguardista. La tutela dei prodotti tipici e delle lavorazioni tradizionali, invece, la trincea di chi si batte contro questi interventi, un campo che potremmo definire liberista e tradizionalista. Due modi di pensare che si fronteggiano anche sul tema del cibo sintetico, stavolta più connesso alla tutela dell’ambiente e al benessere animale che alla salute in senso stretto, tra chi è pronto a favorirne la sperimentazione e chi si arrocca sul “no” sottolineandone i potenziali pericoli e mettendo in guardia dagli interessi dei grandi gruppi multinazionali che sarebbero pronti a investire per soppiantare le filiere tradizionali.