Etichette e Nutri-score: FVG apripista del “no” di Vladimiro Tulisso, foto di Fabrice Gallina La decisione dell’Irlanda di introdurre avvertenze sulle etichette delle bottiglie di vino, per informare i consumatori sui pericoli della bevanda alcolica un po’ come si fa con chi acquista un pacchetto di sigarette, ha avuto sull’opinione pubblica l’effetto di un velo stracciato. Aprendo gli occhi su una battaglia che fino a quel momento era rimasta sottotraccia. Ci voleva infatti un esempio concreto, immediatamente percettibile come le etichette che associano il consumo di vino al cancro, per svelare all’opinione pubblica i grandi preparativi di due eserciti contrapposti che in realtà si combattono da anni ma fino a quel momento avevano fatto poco rumore. Il tema – complesso e vasto – si può riassumere in una domanda: la tutela della salute dei cittadini nel campo dell’alimentazione, principio ampiamente condiviso a livello europeo, ha bisogno di scelte dirigiste, di indicazioni precise, di rigidi sistemi di valutazione delle caratteristiche di ogni prodotto da parte delle autorità politiche? Ha bisogno in altre parole del sistema Nutri-score, un semaforo che classifica i cibi e le bevande dal verde al rosso passando per le sfumature di giallo e arancione, o sono sufficienti le attuali informazioni nutrizionali di massima, lasciando al buon senso del cittadino-consumatore la scelta finale tra gli scaffali dei supermercati? Le etichette irlandesi e il Nutri-score rappresentano i cavalli di battaglia dell’esercito dirigista-avanguardista. La tutela dei prodotti tipici e delle lavorazioni tradizionali, invece, la trincea di chi si batte contro questi interventi, un campo che potremmo definire liberista e tradizionalista. Due modi di pensare che si fronteggiano anche sul tema del cibo sintetico, stavolta più connesso alla tutela dell’ambiente e al benessere animale che alla salute in senso stretto, tra chi è pronto a favorirne la sperimentazione e chi si arrocca sul “no” sottolineandone i potenziali pericoli e mettendo in guardia dagli interessi dei grandi gruppi multinazionali che sarebbero pronti a investire per soppiantare le filiere tradizionali. Di certo il caso-Irlanda ha smosso la politica, e per una volta questo è avvenuto dal basso prima ancora che dall’alto. Il Friuli Venezia Giulia è stato infatti apripista a livello nazionale grazie a un’iniziativa del presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin. Nei primi mesi del 2023, Zanin ha trovato la condivisione degli altri presidenti delle assemblee legislative italiane su un documento contro le etichette irlandesi e il Nutri-score. La cosiddetta Carta Fvg – ufficialmente denominata Documento di tutela delle filiere produttive e delle identità territoriali – è stata firmata a Trieste il 3 marzo e ratificata pochi giorni dopo a Roma dalla Conferenza dei parlamenti regionali italiani, prima di venire consegnata all’ambasciatore italiano in sede di Unione Europea, Pietro Benassi, a Bruxelles. La Carta Fvg, politicamente trasversale in quanto firmata da esponenti di diversi schieramenti, contesta “l’iniziativa unilaterale dell’Irlanda, che scardina il principio della solidarietà tra i Paesi europei e attacca un prodotto dalla storia millenaria come il vino, che non è solo economia ma anche cultura e tradizione”. Il documento contesta poi sul piano scientifico il sistema Nutri-score, che classifica gli elementi in base al livello di zuccheri, grassi e sale e penalizza in questo modo molti prodotti della cosiddetta dieta mediterranea, anche perché i valori sono sempre correlati a 100 grammi di prodotto, anche nel caso dell’olio d’oliva. L’Italia ha proposto un sistema alternativo di classificazione, chiamato Nutrinform, che indica l’apporto percentuale di ogni alimento in termini di grassi, energia, zuccheri e sale rispetto alla quantità giornaliera raccomandata. La Carta Fvg adottata a Roma e poi portata a Bruxelles è stato poi il primo documento italiano a mettere nero su bianco il no al cibo sintetico, in linea con i contenuti della campagna lanciata da Coldiretti e prima che se ne occupasse il Governo nazionale, con il disegno di legge approvato in Consiglio dei ministri alla fine di marzo. Netta la presa di posizione contro i “cibi che nascono da cellule staminali prelevate dai feti degli animali, introdotte in un reattore e poi stampate in 3D”, a tutela della filiera agricola tradizionale e dei prodotti di eccellenza italiani.