Tunina vino-rivoluzione una vita da imbattibile di Renzo Zorzi, degustazioni di Gianluca Castellano, foto di Fabrice Gallina L’anno in cui nasce il Vintage Tunina è il 1975. Poco meno di cinquant’anni fa. Un battito di ciglia o un’era geologica, dipende dalla prospettiva con la quale si osserva questa data. Per l’Italia quell’anno si inserisce nel periodo delle grandi trasformazioni, a volte occulte, altre volte palesi. È l’anno del Giubileo ma i rigurgiti sanguinari di trame eversive nere e rosse muovono nella penisola tensioni sociali e politiche che da lì a pochi anni sfoceranno nella tragedia di via Fani e non solo. È l’anno del compromesso storico che segna anche il definitivo distacco di Berlinguer e del Pci dalla linea filosovietica. Il presidente del Consiglio è Aldo Moro, al suo quarto governo. Il trattato di Osimo stabilisce definitivamente il confine tra Jugoslavia e Italia. Pierpaolo Pasolini è ucciso in circostanze mai chiarite. Fellini vince l’Oscar con Amarcord, Eugenio Montale ottiene il Nobel per la letteratura. Si diventa maggiorenni a diciotto anni e non più a ventuno. Il telefono di casa è ancora in duplex e dalle cabine si chiama con i gettoni. Francisco Franco muore e in Spagna torna la democrazia. Margaret Thatcher è la nuova leader dei conservatori inglesi. Il Concorde, l’aereo passeggeri supersonico, effettua il suo primo volo. Bill Gates fonda Microsoft. I Pink Floyd pubblicano Wish you were here mentre gli heavy metal Iron Maiden si affacciano sulla scena musicale internazionale. I Jethro Tull, i Deep Purple e David Bowie vanno per la maggiore. In Italia spopolano Baglioni, De Gregori e Cocciante. Per il Friuli è “l’attimo prima” del terremoto che l’anno seguente segnerà l’ennesimo capitolo storico di un popolo la cui indole è incline alle rinascite insperate, alle profonde trasformazioni che lasciano però intatte anima e sostanza. È l’istante che precede il big bang destinato a cambiare per sempre un mondo chiuso, mortificato e affaticato dalle tragedie del primo Novecento e solo in parte alleviato dal boom economico del decennio precedente che qui comunque è arrivato tardivamente e ovattato. Le campagne continuano a essere abbandonate in favore di una prospettiva di vita più moderna. Si emigra ancora all’estero. Il reddito pro capite è il più basso del Nord Italia. Silvio Jermann E il mondo del vino friulano? Fermenti di innovazione. Qualche giovanissimo vignaiolo, tra cui Silvio Jermann, ha colto con entusiasmo la strada che Mario Schioppetto ha aperto esattamente 10 anni prima, e cerca di seguirla. Sono anni febbrili, intensi, aperti alla sperimentazione, al rifiuto della “tradizione a prescindere”. Silvio è figlio di una famiglia contadina che da Medana, oggi in Slovenia ma all’epoca Austria, si era trasferita nel 1881 a Villanova di Farra, l’ultima appendice del Collio, per migliorare la propria condizione. Coltura mista e vigna. Silvio è attento, volenteroso e, come dimostrerà, precursore. Nel 1968 è ancora studente ma già collabora fattivamente in cantina con il papà Angelo e i loro nomi compaiono insieme, nell’etichetta di quelle prime bottiglie di Pinot grigio prodotte e che il Consorzio Collio concede loro di imbottigliare. La strada è segnata. Piccole innovazioni in cantina, ore le vediamo così ma al tempo erano vere rivoluzioni, come l’introduzione della pressa orizzontale nel 1971. Silvio completa gli studi di enologia a San Michele all’Adige e ha ben chiaro ciò che intende realizzare. “…fare la rivoluzione nel vino. Infatti dalle nostre parti la vinificazione era sull’ossidato: significa vini cedevoli, marsalati, carichi, pesanti”. “I miei vini… portano con sé freschezza, aromi di violette bianche acerbe, fragranze di pesca e di banane e di tutti i meravigliosi frutti del mondo”. È questa l’idea che dopo il Pinot grigio fa nascere il Vintage Tunina. Un vino innovativo, ma che recupera la tradizione locale dell’uvaggio. Ma gli inizi non sono mai facili. Idee forse troppo innovative per l’epoca portano e delle incomprensioni in famiglia. La rottura è profonda, ne deriva la scelta di andarsene in Canada con la sua Anna. “In tasca avevo soltanto 500mila lire e l’indirizzo di un goriziano. Era il 1976, avevo 22 anni”. Piano piano, i rapporti si ricuciono e dopo qualche anno Silvio torna definitivamente a Villanova. “Sono tornato con una sola idea in testa, la stessa di sempre: fare un vino la cui qualità fosse subito riconoscibile, sia dal barbone che dall’esperto. Un vino fuori dai confini geografici, da apprezzare per il suo gusto”. Un vino che mette insieme le diverse uve presenti nel vigneto dietro casa, sul Monte Fortino, che era stato di Antonia, Tunina appunto, la prima proprietaria del vigneto. Da qui il nome che è anche un omaggio all’amante povera e fedele di Giacomo Casanova. Vendemmiare tutte le uve insieme e far fare la fermentazione malolattica al vino in quei tempi parve senza dubbio un azzardo a molti vignaioli. Sono davvero poche le bottiglie della prima annata ma il Vintage Tunina è notato da un certo Gino Veronelli che in un appassionato articolo su un noto settimanale nazionale lo definisce “il Mennea dei vini” a significare che si tratta di un fuoriclasse. In Friuli la cosa risulta subito assai strana e non priva di malumori, forse di invidie. A questo proposito Daniele Cernilli racconta in uno dei primi numeri di Mangiavino che nel 1981, in una rocambolesca visita in Friuli, incontra Jermann che gli fa assaggiare la versione del 1979. Cernilli rimane sbalordito: “Ma è buonissimo. Ha dei profumi incredibili. Come diavolo hai fatto?”. “Era solo l’inizio di una due giorni fantastica, durante la quale mi fece conoscere Josko Gravner, Maurizio Felluga, Gianfranco Gallo, che quasi aveva ancora i calzoni corti, Giovanni Dri, Stanko Radikon. Lo scrissi il pezzo, tutto sui giovani leoni del vino friulano. Quando apparve, i “senatori” non la presero bene. “Chi è questo romano che viene a insegnarci cose sui nostri vini?”, chiese perentoriamente un famoso produttore a Isi Benini. “Non preoccuparti Daniele” mi disse poi al telefono. “Questi devono capire che il mondo va avanti”. Già qualche anno prima, nel 1979, si erano accorti di questo giovane vignaiolo anche i sommelier che in quell’anno fecero il loro congresso Ais a Udine e tra le cantine da visitare scelsero la minuscola realtà famigliare degli Jermann: una ulteriore, autorevole conferma. Decine di vendemmie sono trascorse da quegli anni, tanto pionieristici quanto entusiasmanti. Oggi l’azienda Jermann è un fiore all’occhiello dell’enologia nazionale e mondiale. La moderna struttura situata a Ruttars di Dolegna del Collio è un tempio laico che ogni appassionato di vino deve visitare. La “Tunina” dalle poche migliaia di bottiglie, frutto del vigneto di Villanova fino ai primi anni ’80, è oggi realizzata con una severa selezione delle uve aziendali e le bottiglie sono decine di migliaia. Ma il senso, l’idea e l’entusiasmo nel produrre questo capolavoro enologico non è mai cambiato. Forse sembriamo di parte, e lo siamo, ma se il Friuli Venezia Giulia può considerarsi tra le migliori regioni al mondo per la produzione dei vini bianchi lo deve anche a quel ragazzo di Villanova di Farra, un po’ ribelle e sognatore, che ostinatamente mise in pratica l’idea di un vino bianco nuovo e vincente, ancora oggi imbattibile. Silvio è molto attivo, sempre attratto dalla ricerca, dal fare e fare bene. Oggi sta impiantando nuovi vigneti di Ribolla gialla a Medana. Spazi ben esposti che dominano lo skyline del Brda e del Collio. Forse un ritorno alle origini, là da dove tutto è partito. Ma questa è una storia che vi racconteremo un’altra volta. Contributi: E. Audisio – La Repubblica, dicembre 1985 / D. Cernilli | Mangiavino, n°3 – luglio 2014 LA SCHEDA Vintage Tunina : Sauvignon, Chardonnay, Ribolla Gialla, Malvasia istriana. : Bianco IGT Friuli Venezia Giulia. : Comune di Dolegna del Collio. L’esposizione dei vigneti collinari è Sud-Ovest, Nord-Est. Il terreno è composto da marne prevalenti e arenarie appartenenti alla formazione flyschoide di età eocenica. Viticoltura: ecosostenibile. : guyot. : settembre. : fermentazione in acciaio. Matura in acciaio e nel rovere di Slavonia dove rimane a maturare. Segue filtrazione all’imbottigliamento. : 10-12 °C in calici ampi (Riedel Vinum Extreme Riesling). Uve Denominazione Area di Produzione Metodo di allevamento Epoca di raccolta uve Vinificazione Temperatura ottimale di servizio : euro 43. NOTA ALLA DEGUSTAZIONE. Tutti i vini degustati dall’annata 2011 al 2019 sono chiusi con tappo a vite. Prezzo medio al pubblico in enoteca LE VALUTAZIONI Vintage Tunina Jermann 2019 – 1997 2019 Stagione caratterizzata da numerose fasi diverse tra loro. A una parte finale di inverno mite, fa seguito una primavera fredda e molto piovosa, seguita da una estate calda (+ 1,8° C) e con scarse precipitazioni (- 185 mm). La maggior parte della vendemmia ai primi di settembre. Paglierino dalle effusioni verdoline. Danza su finezze di bergamotto, felce e muschio bianco, con una netta presenza di erbe aromatiche appena colte, e una dolcezza di pesca bianca e uva spina a completare il quadro. Sorso che progredisce in modo lineare, tra freschezze d’agrumi e una soffice morbidezza fruttata. Raffinata e precisa l’uscita, ancora orientata verso semplici ma gustose sensazioni primarie, che ne sottolineano la giovane età. Ideale l’abbinamento con i ravioli ripieni di capasanta su crema allo zafferano. 2016 2016 Annata ideale, mite, senza eccessi di caldo, con uve che sono maturate in modo lento e costante. Da annoverare tra le più belle degli ultimi 30 anni. Colore simile all’annata 2019, ma leggermente più intenso nelle sfumature verdi, tonalità che sarà la stessa anche per i successivi millesimi fino al 2011 compreso. Sintesi aromatica davvero splendida: una coltre di resina, rosmarino, santoreggia si fondono con suadenti aromi di fiori alpini, levistico e pepe bianco. Sorso avvolgente, ma con garbo e dimensione, il suo senso di pienezza non ne sacrifica l’espansione gustativa, grazie a una tensione acida ma soprattutto sapida di grande azione. Epilogo di ampia aderenza aromatica, appagante e di dilagante aromaticità. Chiede a gran voce un piatto come le lasagne di pesce al curry. 2015 Annata leggermente più calda della 2016, caratterizzata da sbalzi climatici che hanno visto il contrapporsi di picchi di caldo intenso a periodi decisamente più piovosi. Un naso caldo e vigoroso, composto da solari riconoscimenti di frutta gialla matura, polpa di kiwi, gelée di agrumi ma anche verbena e resine balsamiche, ne fanno uno dei vini più sontuosi della verticale. L’attacco gustativo decisamente mascolino, e figlio di una materia spessa e carnosa. Centro bocca sfarzoso di riconoscimenti aromatici, che si scioglie progressivamente in una deriva sapida indomabile. Vintage Tunina dal grande estratto che non teme l’abbinamento con la faraona in salsa di albicocche. 2014 Dopo un inverno estremamente mite e piovoso, l’annata 2014 è iniziata con il germogliamento più precoce di sempre. La stagione purtroppo ha visto un’interminabile serie di giornate piovose e fresche, soprattutto nei mesi di luglio e agosto, fino a settembre. Annata povera fenolicamente parlando e dal basso tenore zuccherino generale. Nonostante queste difficoltà, svela un cote aromatico di prim’ordine, declinato principalmente su sensazioni di erbe dalle proprietà balsamiche come il cipresso e l’abete, a cui fa seguito un’articolazione fresca di zest di limone, fiori di acacia e pesca bianca. La bocca, valorizzata da una vena acida molto tesa, pur risultando meno articolata di altre annate, non delude le aspettative. La struttura più compassata è quel che ci vuole per valorizzare una mobilità aromatica fatta di sottigliezze agrumate e floreali, dove con lentezza si vede salire man mano in cattedra una mineralità chiara di inebriante piacevolezza. Non un mostro di persistenza, ma quello che dà è più che sufficiente. Piacevole partner di un branzino al sale e agrumi. 2013 Annata davvero splendida, partita fresca e piovosa per poi virare verso una lunga finestra di giornate luminose e calde, ma senza eccessi di temperatura, il che ha permesso una maturazione lenta e costante. Caspita che olfatto! Elegantissimo e piacevole ma soprattutto sfaccettato, tra penetranti note di cedro e yuzu, orientali effusioni di cardamomo, resine dolci, miele di fiori e un quadro di freschezza balsamica che lascia senza parole. È un vino che si espande letteralmente all’assaggio, giocando sul filo del rasoio tra concentrazione e leggerezza, tra finezza e dinamismo travolgente, tra potenza e nobiltà. L’aroma di bocca è quanto di più suadente si possa percepire, ricco di sfumature che vanno dagli agrumi ai fiori, passando per spezie e unguenti mentolati. Il finale non è semplicemente lungo o persistente, ma addirittura tenace. Onore al merito, il futuro è suo. Esige un piatto di pari nobiltà come l’astice tostato su crema di pinoli e tartufo bianco. 2011 Annata decisamente asciutta e calda, con punte anche molto elevate di calore. Grande lavoro in vigna per la gestione dell’apparato fogliare a protezione dei grappoli. Naso generoso, concede immediatamente un’abbondante materia, dal timbro solare, ricca di miele d’eucalipto, gelatina di limone e pesca gialla disidratata. La grassezza della crema di nocciola si fa largo tra composte sensazioni di zagara e mimosa. Sorso appagante fin dalle prime battute, dalla sontuosa avvolgenza fruttata e glicerica, ma fortunatamente ben rifinita da precise punteggiature fresche. La bella progressione però, per quanto soddisfi i sensi, non trova nel finale la sublimazione, arenandosi in una morbidezza, per quanto piacevole, fine a se stessa. Terrina di coniglio in crosta di pistacchi e albicocche. 2008 Primavera e inizio estate piovose con temperature basse. Il prosieguo della stagione invece si rileva caldo e con interessanti sbalzi termici, soprattutto da luglio fino alla vendemmia. Veste di colore dorato dai riflessi iridescenti. Il quadro olfattivo porta alla mente note di pura macchia mediterranea e in generale una sensazione di solarità espressa attraverso sentori di nocciolo d’albicocca, zenzero candito e fiori di zagara, con accenni di propoli e jelly al mandarino. Il sorso, seppur caldo e avvolgente, non è mai languido, ma anzi si mostra spigliato nel dispiegamento aromatico e soprattutto vitale nella dotazione acida. Nonostante la caparbia avvolgenza estrattiva risulti per tutta la durata del sorso un tantino monolitica, non perde mai di coordinazione grazie a un affiancamento salino di estrema efficacia. Decisamente ricco e goloso il finale, ma non un vino che punta alla complessità. Ci piace immaginarlo in partnership con le costolette di vitello impanate al rosmarino. 2005 Altra stagione non facile, decisamente fredda e piovosa, condizioni che hanno reso difficile raggiungere, soprattutto per alcune varietà, le maturazioni ideali. Oro traslucido e ricco. Naso incensato fin dalle prime battute, ma è solo l’apertura di uno sfarzoso sipario che vede protagonisti alla pari sensazioni di naftalina, sali termali, miele di acacia e ancora più in profondità canfora e splendide resine balsamiche, che richiamano il benzonio e l’abete. Sorso di succosa freschezza, spoglio da accomodanti morbidezze e da vesti aromatiche eccessivamente sontuose, preferisce muoversi su sottili e intriganti dettagli di stampo terziario, privi di qualsiasi indizio ossidativo. Vino mentalmente assai coinvolgente e di altissima vitalità, che siamo sicuri dirà la sua anche nella prossima decade. Con il risotto borragine e pino mugo. 2002 Annata ormai entrata nel ghota di quelle considerate difficili, determinata da piovosità abbondante e temperature decisamente fresche. Una stabilità climatica è sopraggiunta verso la fine di agosto, aiutando a raccogliere uve in buono stato di salubrità. Dorato pastello. Il naso è un fluire di riconoscimenti dolci e golosi di crema pasticcera, gelée di mandarino, albicocca e miele di manuka, inframezzati da una fine speziatura che ricorda lo zafferano e la curcuma. L’idea è quella di trovarsi dinanzi a un vino che ha subito una leggera surmaturazione, ipotesi che prende più vigore in fase gustativa, dove si percepisce una consistenza della materia non solo morbida, ma quasi densa. Il centro bocca vede il supporto di una propiziatoria deriva acida, che potremmo definire di puro appoggio, ma che nonostante la grinta, non riesce fino in fondo a fluidificare il sorso. Finale che vede un suadente aroma di nocciola caramellata impadronirsi della scena. Da immaginare con una terrina di pollo e pistacchio. 1999 Annata tra le migliori del decennio, iniziata con un inverno rigido seguito da una primavera fresca. Corso estivo caldo e poco piovoso, che ha permesso la raccolta di uve molto sane e ben regolate. Dopo una prima bottiglia lievemente contaminata dal tappo, ecco un secondo campione in perfette condizioni. L’olfatto colpisce per la sua raffinata coesione aromatica, che si fa strada senza indugio alcuno tra esuberanti sentori di pesca gialla, fiori dolci di giglio e camomilla, con un penetrante riverbero di liquirizia a conferire maggiore estro e personalità all’insieme. Bocca di notevole carisma, ancora fresca e di pulsante balsamicità. Rilascia un’energia modulata, elargendo preziosi dettagli sensoriali di rara bellezza. Finale ad appannaggio esclusivo delle note saline e agrumate. Cavatelli con tonno, bottarga e arancio. 1998 La stagione sembrava partire bene, ma dopo un maggio caldo e assolato l’estate si è rivelata incerta, a causa dell’abbondante piovosità abbinata alle basse temperature. Grande lavoro di selezione in vendemmia e rese sotto la media. Ventaglio aromatico fin dalle prime battute generosissimo e appagante. Una bordata di albicocca matura, zagara, torrone, zenzero candito e frutta caramellata, rendono l’olfatto tra i più suadenti fin qui sentiti. Sorprende, a distanza di un quarto di secolo, la sbalorditiva tenuta dell’impianto gustativo, che nonostante il volume non mostra nessuna cedevolezza o indizio ossidativo. Lo sviluppo è alterno: dopo la marcata sensazione estrattiva percepita al centro bocca, sul finale si scarica dal peso in eccesso e trova una piacevole fluidità che ne rinvigorisce la beva. Necessita di piatti di una certa personalità, come la zuppa di pesce speziata. 1997 Dopo un’avvio di primavera mite, l’estate si rivela piuttosto calda e umida, ma senza eventi estremi. Fa la sua comparsa per la prima volta la tonalità oro antico, di splendida luminosità. Olfatto sensibilmente diverso da tutti i suoi predecessori, privo di qualsiasi “dolcezza” aromatica ma anzi giocato su profondi e seriosi ricami di genziana, fieno, erba medica e resina scura, per poi aprirsi dopo una mezz’ora su note di frutta secca e fico disidratato. Bocca decisamente morbida, ma non in sofferenza di freschezza, a cui spetta un ruolo però prettamente funzionale. Di grande personalità non solo strutturale ma anche aromatica, dove impone sentori di pepe nero ed erbe officinali. Chiude in modo decisamente salino e con una originale frizione tannica a rallentarne la beva. Interessante l’accostamento con un piatto come il coniglio in agrodolce.