Nel labirinto di corridoi che al piano di sopra conduce all’ultimo ufficio, quello di Claudio, la strada è costellata dai ricordi: vecchie fotografie
appese alla parete a scandire i tempi e i successi di una famiglia dedita alla cura delle api e alla produzione di miele, da più di cinquant’anni.
“Quando è nato tutto questo? Beh, lo deve chiedere ai miei avi, io non ero presente”, risponde Claudio Comaro, quarta generazione. Scherza, ma pare
preoccupato del registratore che tengo tra le mani e mi chiede più volte se la sua voce verrà immortalata per sempre in quel nastro. Si tranquillizza
solo quando scopre che le parole diventeranno lettere su carta.
Ha un viso simpatico il signor Claudio, mani scolpite dal lavoro di anni, spirito sereno anche se in leggera soggezione. Il bisnonno andava forte
rispetto agli anni Trenta del secolo scorso in cui viveva, e possedeva già circa 200 arnie, poi il papà ha ridotto le quantità per dedicarsi anche alla
piccola azienda agricola di famiglia a Reana del Rojale, dove viveva assieme ai due figli e alla moglie. Quando doveva controllare le api chiamava il
piccolo Claudio di otto anni e non il fratello Daniele, di cinque più grande: “Un giorno in furgone, fermi al semaforo di Reana, mi fu chiaro come
volesse a tutti i costi insegnarmi il mestiere, certo che un giorno l’avrei amato”.
E fortuna che il piccolo Claudio imparò in fretta perché otto anni più tardi, nel 1973, il papà venne a mancare e toccò a lui occuparsi delle arnie,
anche quando – dopo il diploma e durante il lavoro in banca – aveva a disposizione solo il fine settimana. Nel 1982 la decisione di dedicarsi
interamente alle api insieme alla moglie Nives, allora maestra d’asilo ma appassionata di quel mondo da sempre.