Grazie a una tartaruga un miele a regola d’ape di Mara Micolino, foto di Fabrice Gallina Nel labirinto di corridoi che al piano di sopra conduce all’ultimo ufficio, quello di Claudio, la strada è costellata dai ricordi: vecchie fotografie appese alla parete a scandire i tempi e i successi di una famiglia dedita alla cura delle api e alla produzione di miele, da più di cinquant’anni. “Quando è nato tutto questo? Beh, lo deve chiedere ai miei avi, io non ero presente”, risponde Claudio Comaro, quarta generazione. Scherza, ma pare preoccupato del registratore che tengo tra le mani e mi chiede più volte se la sua voce verrà immortalata per sempre in quel nastro. Si tranquillizza solo quando scopre che le parole diventeranno lettere su carta. Ha un viso simpatico il signor Claudio, mani scolpite dal lavoro di anni, spirito sereno anche se in leggera soggezione. Il bisnonno andava forte rispetto agli anni Trenta del secolo scorso in cui viveva, e possedeva già circa 200 arnie, poi il papà ha ridotto le quantità per dedicarsi anche alla piccola azienda agricola di famiglia a Reana del Rojale, dove viveva assieme ai due figli e alla moglie. Quando doveva controllare le api chiamava il piccolo Claudio di otto anni e non il fratello Daniele, di cinque più grande: “Un giorno in furgone, fermi al semaforo di Reana, mi fu chiaro come volesse a tutti i costi insegnarmi il mestiere, certo che un giorno l’avrei amato”. E fortuna che il piccolo Claudio imparò in fretta perché otto anni più tardi, nel 1973, il papà venne a mancare e toccò a lui occuparsi delle arnie, anche quando – dopo il diploma e durante il lavoro in banca – aveva a disposizione solo il fine settimana. Nel 1982 la decisione di dedicarsi interamente alle api insieme alla moglie Nives, allora maestra d’asilo ma appassionata di quel mondo da sempre. Parla della moglie per la prima volta e la chiama a voce alta dal fondo del corridoio: “Siamo delle mosche bianche – confessa – perché ci supportiamo e sopportiamo da 45 anni”. Lei scappa intimidita quando Claudio inizia a raccontare dell’inizio della loro storia d’amore. A Reana del Rojale l’azienda agricola dei Comaro si trovava di fianco alla scuola materna dove Nives insegnava e dove Claudio, 20 anni, la sbirciava dalla sua terrazza. Un giorno bussò alla porta una suora della struttura per avvisare della fuga di una tartaruga dal giardino dell’asilo. Pochi giorni più tardi, il pastore tedesco di Claudio tornò a casa con la tartaruga in bocca: “Mamma voleva precipitarsi a consegnarla, ma io l’ho bloccata e a portarla ci sono andato direttamente, per incontrare Nives”. Da allora la meta delle gite domenicali da fidanzatini erano i campi in cui erano custoditi gli alveari, per curare le api. Hanno sempre condiviso tutto: decisioni e i tre figli Gaia, Francesco e Federica, tutti presenti in azienda anche se giunti dopo percorsi di laurea differenti. Dai tempi in cui le api venivano accudite e scaldate con il fumo soffiato da un cono in iuta e senza protezioni, l’azienda si è ingrandita e oggi possiede oltre 2000 alveari, anche se Claudio sottolinea quanto i tempi correnti siano sfavorevoli per questo animale intelligentissimo. Chi è apicoltore da 50 anni ha visto le conseguenze del cambiamento climatico passare anche attraverso le proprie api, così come le produzioni più che dimezzate. Anche se molto sveglie e ben organizzate, oggi morirebbero se non alimentate correttamente. Sono gli apicoltori a doverle assecondare nei loro bisogni così come a provare a capirle quando sono più nervose, perché in alcuni momenti lo sono più di altre. “Sono donne suscettibili – sorride – ci puoi scherzare di più al momento dell’acacia, ma non osare avvicinarti quando fiorisce il castagno, il cui polline le irrita enormemente”. La struttura che oggi ospita a Cassacco – dove si sono trasferiti da tempo – il negozio dell’Apicoltura fratelli Comaro è ben organizzata sia al piano inferiore che a quello superiore: gli uffici al secondo piano e la vendita di miele, derivati e attrezzature per l’apicoltura all’ingresso, quest’ultima peculiarità unica e rara non solo in regione. Quando a microfono spento chiedo a Claudio il suo ruolo attuale in azienda mi dice che sta per partire, con le api: “Pratico ancora il nomadismo assieme a loro e alla fine è ciò che più mi piace fare”. Papà Primo ci aveva visto giusto.