Sui tralci della vite germoglia l’amore di Vladimiro Tulisso Un nonno muratore, il padre spazzacamino, lui vignaiolo. Un legame con la terra germogliato da sé, senza esempi familiari e così forte da spingere un bambino, fin dalle elementari e senza indecisioni, verso gli studi di agraria prima al Paolino d’Aquileia di Cividale del Friuli e poi alla laurea in viticoltura ed enologia all’Ateneo di Udine. È nato d’istinto, tra i banchi di scuola, il progetto di vita di Massimo, vignaiolo che oggi, a 32 anni, concretizza la sua fatica riempiendo di vino 10 mila bottiglie. Lo fa assieme a Maria Chiara, una delicata adolescenza in centro città, poi efficiente studentessa sui banchi del liceo scientifico e del corso di laurea in scienze agrarie dove riesce nell’impresa di liberare un ragazzo dalla timidezza e viene ripagata dall’immersione in una natura fino ad allora quasi temuta. Iniziano studiando assieme; ora sono una coppia anche nella vita e si occupano di tralci: Tralci di vita, la loro azienda di Sanguarzo. Gli ettari sui Colli Orientali del Friuli non sono tanti – 5 in totale – sparsi dai 15mila metri quadri dell’unico vigneto di collina della valle di Torreano, a quelli di Colloredo, Soffumbergo e Sanguarzo. Sono tutti tracce di una viticoltura antica, testimonianze di una società agricola aggredita e impoverita di energia negli anni Sessanta quando sembrò vantaggioso inseguire il miraggio del più remunerativo lavoro in fabbrica. Massimo Causero e Maria Chiara Della Pietra se ne occupano come fossero dei restauratori alle prese con brandelli di affreschi cui far riscoprire i colori originali. Il rispetto delle varietà ha determinato lo stile aziendale: sono dieci le etichette prodotte, il solo modo per dare voce a tutti i singoli vitigni allevati. Il terreno ha la forza di dominare la vite e qui – anche in zone apparentemente vicine, ma dalle caratteristiche microclimatiche diverse – la volontà è, come dice con orgoglio Massimo, “riuscire a produrre vini veritieri che raccontino i terreni dove sono maturate le uve”. Massimo Causero e Maria Chiara Della Pietra Nel progetto aziendale c’è molta della sensibilità che Maria Chiara riesce a illuminare con la luce dei suoi occhi azzurri. Sua l’idea dell’etichetta e il nome Tralcio di vita, legno vitale che porta le gemme da cui nascono i frutti: “Il nostro desiderio di vinificare in purezza coincide con la volontà di far esprimere ogni varietà e ogni vigneto con le proprie caratteristiche, la propria anima. È anche per questo che abbiamo voluto dare a ogni vino un nome che restituisse un suo possibile stato emotivo: Fedele per le uve tocai, Focoso per lo schioppettino, Risoluto per il refosco dal peduncolo rosso, Esplosivo per il sauvignon, Audace per un raro riesling, Nostalgico per un cabernet dal gusto antico e poi il Generoso merlot”. Per lei, giovane donna, non è stato facile essere riconosciuta come vignaiola: “Accade che la gente arrivi in azienda, io l’accolga e dopo un po’ mi venga chiesto se è possibile incontrare il vignaiolo. Sembra ancora strano che una ragazza possa aver deciso di dedicare tutto il proprio tempo alla vigna e alla cantina. L’ho fatto e ne ho ottenuto un premio enorme: sono molto cambiata, ho trovato l’armonia e scoperto in me qualità emotive e serenità che non avevo intravisto prima”. Il percorso di Tralci di vita non è stato tutto in discesa. Prima le esperienze di Massimo in alcune aziende friulane e in Toscana, poi la laurea nel 2015 e il lavoro in una cantina di Prepotto con accanto, oltre a Maria Chiara, anche l’esperienza di un enologo prestigioso come Gianni Menotti con cui ha prodotto il vino per altri. Nel 2018 l’opportunità di gestire un proprio vigneto: il primo ettaro e mezzo che un anziano viticoltore non riusciva più a curare a Torreano. Il lavoro è molto, ma i due ragazzi si sostengono a vicenda. Gli insetti non spaventano più Maria Chiara nemmeno quando bisogna diradare i grappoli e gli acini sono già prelibata fonte di zucchero o ora racconta di come “siamo in due e l’impegno è molto. Non è semplice riuscire a inserirsi nel mercato del vino dove le aziende più grosse dettano le regole. Così dobbiamo arrivare alle persone e ci affidiamo alle degustazioni perché chi assaggia il vino poi ci sceglie, se ne innamora. Com’è capitato a noi”.