Passione e competenza così sposo vino e vegetali colloquio di Gianluca Castellano con Roberto Stella, foto di Fabrice Gallina Nato quarant’anni fa in un paesino della campagna friulana, Roberto Stella è stato abituato fin da piccolo ad assistere i nonni che vinificavano alla loro maniera. Forse è in quei ricordi che anni dopo, da studente, in Roberto ha messo radici il desiderio di avvicinarsi al mondo del vino e della ristorazione. Prima qualche impegno durante le vacanze scolastiche, poi i primi lavori veri e la decisione di farne un percorso professionale. Così, dopo una decina d’anni trascorsi in sala cambiando location lavorativa e approfondendo gli studi sul vino, arriva il diploma da sommelier e, nel 2018, l’incontro con lo stellato L’Argine a Vencò e il lavoro a fianco di Antonia Klugmann con responsabilità crescenti. Roberto, i vegetali sono da sempre elementi molto valorizzati nella cucina de L’Argine. Come si è sviluppato in questi anni il tuo modo di abbinare questa tipologia di alimenti? Il mondo vegetale offre possibilità di abbinamento molto stimolanti e variegate. Mi intriga sempre molto proporre abbinamenti con vini capaci di lasciare spazio al piatto in quanto tale (con le sue caratteristiche gustative), ma capaci di far emergere, o richiamare, l’elemento vegetale, talvolta amplificandone anche eventuali sensazioni “verdi”. Ciò che non faccio è denaturare con un vino la caratteristica del piatto o dell’elemento vegetale: faccio un esempio… se la sensazione del piatto è fortemente amara, cercherò di accompagnarla o eventualmente di spostare un po’ l’attenzione, non proporrò un sorso capace di togliere o coprire tale sensazione per rendere il piatto di più facile interpretazione. Roberto Stella Che esigenze hanno oggi i clienti de L’Argine in tema di servizio e abbinamenti? Oggi gli ospiti sono più curiosi e più preparati. Di conseguenza forse più esigenti. Il desiderio di “fare un’esperienza”, nell’accezione personale e soggettiva, è diventato il vero motivo per cui le persone decidono di prenotare in un ristorante “fine dining”. L’ospite è più attento e curioso, spesso più interattivo al tavolo, concentrato più sul “perché” e sul “come”, e non più solo sul “che cosa”. Un ospite più esigente anche a fronte dell’investimento economico e di tempo che tale “esperienza” prevede. Temperature di servizio e tipologia di bicchieri sono due fra gli elementi con cui mi piace un po’ “giocare” al tavolo. Una temperatura più alta ha il compito di smussare le note più dure ed esaltare quelle morbide come alcolicità e dolcezza, mentre una temperatura più bassa fa emergere in maniera più decisa acidità e sapidità, nonché l’eventuale tannino. Far esaltare temporaneamente una sensazione piuttosto che un’altra mi concede l’opportunità di far provare al cliente degli abbinamenti “in movimento”, magari su più piatti, soprattutto quando la scelta del commensale non prevede il percorso completo dei vini ma solo 2 o 3 referenze che lo accompagnino dal primo all’ultimo piatto. Le diverse temperature di servizio permettono di mutare temporaneamente alcune caratteristiche dei vini. Ci spieghi se è una tecnica di cui fai uso e in che modo influenza le sensazioni organolettiche del vino? Negli ultimi anni le proposte d’abbinamento alternative al vino si sono moltiplicate: cocktail, tisane, sakè, birre… Cosa pensi al riguardo? Anticipano il futuro o sono una moda passeggera? Ritengo gli abbinamenti diversi dal mondo-vino stimolanti e interessanti, purché contestualizzati all’interno di una proposta ristorativa coerente e abbinati con conoscenza e competenza. Ne vedo un futuro più concreto ma attualmente non sono proposte che prendo in considerazione per la creazione di un intero percorso di degustazione indipendente. Anche alla luce del fatto che il nostro ristorante si trova in un territorio votato alla produzione vitivinicola. Per quanto ci riguarda, in uno dei menu attuali c’è un piatto che abbiniamo a una birra, la nostra berliner weisse alle susine, che è stata creata proprio per questo piatto. Birra, abbinamento e piatto nati in questo ordine da una collaborazione interna di intenti e materie prime. La comunicazione del vino al cliente dev’essere veloce. Su quali caratteristiche punti quando devi raccontare un’etichetta? La comunicazione è fondamentale. Personalmente cerco di articolare il racconto in due tempi. Al momento del servizio introduco la referenza: tipo di vino, zona, produttore e annata. Poche parole, per non filtrare e condizionare l’assaggio. Successivamente, dopo l’assaggio o l’eventuale abbinamento, cerco un’interazione col cliente per approfondire eventuali confronti e punti di vista. Evito le nozioni tecniche al tavolo, punto di più a far emergere o far conoscere al commensale ciò che c’è dietro l’etichetta. Una storia o una peculiarità, che si parli del tipo di vino o vitigno oppure del produttore o del territorio. Il ricarico del vino è spesso oggetto di critiche, qual è la vostra filosofia al riguardo? I ricarichi sono calcolati coerentemente con la proposta ristorativa, il territorio in cui un ristorante si trova e i costi che lo stesso deve sostenere. Ho cercato di strutturare una Carta del vino che, mantenendo un’idea di fondo allineata con il nostro pensiero a livello di scelte produttive, offra un ventaglio di proposte sia in termini di prezzi che di gusti. Abbiamo anche deciso di inserire l’opzione del “diritto di tappo” per fornire all’ospite la possibilità e la libertà di portare in ristorante qualsiasi bottiglia sia di suo gradimento per accompagnare i nostri menù. Un altro tema in cui un sommelier è fortemente coinvolto è la gestione economica della cantina, come ti comporti su questo fronte? La nostra è una cantina che conta più o meno 700 referenze. Il ricambio e la rotazione sono abbastanza costanti, un po’ per la tipologia delle referenze scelte, non sempre facilmente disponibili o reperibili, un po’ per dare voce ai “piccoli”, con le conseguenti esigue produzioni o disponibilità. Definiamo un budget acquisti in cui rientrare nell’ambito di una pianificazione annuale. Periodicamente verifichiamo il rispetto del budget e il rapporto fra entrate e uscite. Qual è l’incontro enoico che ha segnato di più la tua passione e quali etichette hanno cambiato il tuo punto di vista sul vino? Ne cito due. L’avvicinamento al mondo dei vini bianchi macerati in tempi in cui ancora non se ne parlava così tanto e sicuramente non in maniera troppo positiva, anzi… Avere la possibilità di reperire facilmente e assaggiare vini così diversi dalle canoniche tipologie che si trovavano comunemente. Per me era qualcosa di nuovo e diverso, che mi incuriosiva sotto vari punti di vista. La volontà di approfondire l’argomento e il cercare di capire queste differenze rispetto ai “classici” hanno fatto il resto. Il secondo, la scoperta delle ossidazioni: Sicilia, Sardegna, Andalusia, Jura. Un concetto diverso del tempo nel vino. Assoluto… e perpetuo! Vini macerati e abbinamento, è cambiato qualcosa negli ultimi anni? Il mondo dei bianchi macerati ha avuto sicuramente un costante aumento a livello di proposta e di visibilità in questi ultimi anni. L’intensità, la complessità e la struttura di questi vini li rendono intriganti per un’ampia gamma di piatti e rompono molti schemi classici di abbinamento, estendendone le possibilità oltre ai tradizionali confini dei bianchi. L’aumento dell’offerta di vini macerati ha portato anche ad un loro uso più diffuso pure in termini di proposta al calice e di conseguente abbinamento ai piatti, e non solo come proposta a bottiglia per un cliente di nicchia che ama vini “non convenzionali”, come poteva succedere in passato. Storicamente radicata e forte nella sua produzione, la viticoltura nella nostra regione è sicuramente un settore di riferimento importante all’interno del panorama agricolo sia locale che nazionale. Vini con sempre maggior qualità nelle loro produzioni e pratiche e strutture più adeguate e sensibili alle evoluzioni, sia etiche sia ambientali. Credo che oggi in regione siamo divenuti consapevoli delle potenzialità del nostro territorio. La comunicazione e la promozione efficaci del terroir al di fuori dei confini regionali e nazionali sarà la sfida in cui saremo impegnati in futuro, anche a fronte di una crescente concorrenza internazionale. Come valuti il Friuli vinicolo oggi e cosa ti aspetti nel prossimo futuro?