Le stagioni del clima e della viticoltura mediterranea. Stevie Kim Quando si tratta di raccontare la vite, il vino e il loro rapporto con il contesto, sia esso naturale, storico o culturale, il primo nome che mi viene in mente è quello del Professor Attilio Scienza. Amico, ispiratore e compagno di mille progetti, il Professore è non soltanto uno dei più importanti ampelografi e genetisti della vite al mondo, ma è anche un abilissimo storyteller. È quindi proprio a lui che mi affido per iniziare l’avventura mediterranea proposta da Vitae per il 2024. Il progetto: parlare della viticoltura nel Mare Nostrum attraverso quattro racconti da altrettanti punti di vista differenti, con alcuni riferimenti bibliografici internazionali. La prima tappa: un excursus della viticoltura mediterranea attraverso il clima, il quale è parte dei sotto-argomenti scelti per questo numero della rivista. Ogni anno, nei giorni precedenti Vinitaly, si tiene a Verona l’unica edizione italiana dell’Italian Wine Ambassador Certification Course promosso dalla Vinitaly International Academy, che trova nel Prof. Scienza il proprio Direttore Scientifico. Una delle masterclass offerte da Scienza agli studenti del 2023 – Storia del clima, delle migrazioni e dell’origine della viticoltura europea, un estratto della quale è ascoltabile negli episodi n. 1347, 1356, 1365 e 1374 di Italian Wine Podcast – ha illustrato come la storia della viticoltura mediterranea sia stata scandita da eventi climatici. Di fatto, sono state proprio le grandi variazioni della temperatura e le relative ripercussioni a indirizzarne lo sviluppo. Ne propongo qui un paio di esempi, scelti fra i tanti che il Professor Scienza menziona nel proprio lavoro. Circa tredicimila anni fa, il livello del mare era inferiore di circa novanta metri rispetto a oggi. È proprio in quel periodo che, indirettamente, la storia della nostra viticoltura ha inizio. L’ultima era glaciale si era conclusa e lo scaldarsi del clima, col conseguente sciogliersi dei ghiacci, fa aumentare i livelli dei mari. Anche il Mediterraneo libera le proprie acque dell’Egeo e il Mar Nero, che era prima un lago di acqua dolce, ne viene progressivamente inondato. In pochissimi giorni, l’acqua inghiotte ed erode svariati metri di costa, tanto che i sopravvissuti di quelle zone sono costretti a fuggire. Questa vicenda, chiamata quarta migrazione o migrazione dell’Età del Bronzo, ha alimentato anche la leggenda del diluvio universale. Il poema L’Epopea di Gilgamesh, risalente al terzo millennio a.C., parla di un’alluvione di diversi giorni e del salvataggio dell’umanità su un monte. Lo stesso accade nella Genesi biblica. Il vino e la vite sono al centro di entrambe le narrazioni: quando esce dall’arca sull’Ararat, Noè addomestica la vite e comincia a produrre il vino, facendosi tra l’altro trovare ubriaco dai figli. Nel ciclo epico sumero, il sovrano della città di Uruk Gilgamesh parte alla ricerca della vita eterna e, durante una tappa importante del proprio viaggio, incontra Siduri, la “donna nella vigna”, “colei che fa il vino” e che presiede un giardino presso la riva del “mare della morte”. La realtà storica dietro a questi racconti sta nel fatto che le popolazioni che vivevano alla base dei monti Zagros, alle quali vengono attribuite la prima addomesticazione della vite selvatica e le prime vinificazioni, si spostano ai piedi del piccolo Caucaso – vicino al monte Ararat – a causa appunto dell’inondazione delle proprie terre. Qui sviluppano una nuova viticoltura con le viti che avevano portato con sé, incrociate poi con quelle selvatiche del luogo e, da lì, diffuse. Quel disastro geologico ha quindi aiutato l’agricoltura a espandersi nell’area mediterranea, dove una nuova e distinta viticoltura appare quasi contemporaneamente alle inondazioni. Spostiamoci avanti di alcuni millenni. Nel Medioevo, tra il IX e il XIV secolo, si verifica una fase calda indicata come optimum climatico medievale o periodo caldo medievale. In questi secoli, la viticoltura nel Mediterraneo sperimenta una significativa ripresa dopo i traumi delle scorrerie ungarico-arabe, permettendo a molti vitigni autoctoni di propagarsi e arrivare anche fino al Vallo di Adriano, poco a sud dell’attuale confine tra Scozia e Inghilterra. Attorno al 1350, però, una nuova ondata fredda interviene a rivoluzionare il ciclo delle stagioni e causa violente catastrofi metereologiche. Questa cosiddetta “piccola glaciazione” determina infatti un drastico calo della temperatura media e una catastrofica riduzione nella produzione di uva, così come di cereali, foraggio, frutta e carne. Anche tra la popolazione mediterranea, debilitata dalla malnutrizione, dilaga così la peste nera, che uccide in breve tempo milioni di persone. L’analisi della documentazione arrivata a noi – specie quella compilata dagli ordini monastici – circa la data delle vendemmie, la produzione annuale di vino, la qualità delle uve e i prezzi correnti dei vini nei secoli aiuta a completare la ricostruzione cronologica degli eventi climatici. Contribuisce inoltre a dimostrare che i cambi nelle temperature e nelle stagioni, con le loro ricadute nei contesti ambientali, hanno da sempre guidato le scelte selettive dell’uomo. Da un lato, hanno favorito la coltivazione di alcune viti su altre, ad esempio varietà che maturano prima e a bacca bianca al posto di altre a maturazione tardiva, o viceversa. Dall’altro, hanno portato l’uomo a elaborare metodi di allevamento ad hoc, come quelli che permettono di tenere i grappoli il più possibile vicino al suolo in modo da sfruttare il calore; provvedimenti di questo tipo si attestano già durante il Medioevo. La morale? Non si può separare la storia della viticoltura, nemmeno quella contemporanea, dal cambio climatico. Nella viticoltura del Mediterraneo, l’uomo ha sempre tenuto in alta considerazione le condizioni climatiche e ha agito di conseguenza. Si tratta in fondo di quello che stiamo facendo ancora oggi, momento in cui le evoluzioni del clima ci pongono di fronte a scelte dalle quali dipende l’immediato futuro del nostro panorama enologico. I cambi nelle temperature e nelle stagioni, con le loro ricadute nei contesti ambientali, hanno da sempre guidato le scelte selettive dell’uomo. Stevie’s book corner - Attilio Scienza, Vine and Prejudice – Fake science and the search for the perfect grape, Mamma Jumbo Shrimp, 2022 Oltre che rimandare nuovamente a Sangiovese, Lambrusco and other Vine Stories (già suggerito su Vitae n. 38, settembre 2023, pag. 57), consiglio la lettura di quest’altro libro del Prof. Attilio Scienza. Il tema centrale è la “falsa scienza” e come questa abbia influenzato e stia tuttora condizionando il mondo del vino, ma tra le pagine vengono anche approfonditi gli storici eventi climatici di cui abbiamo parlato nell’articolo e che hanno contribuito alla creazione dei vini che conosciamo e amiamo oggi. - Brian Freedman, Crushed – How a changing climate is altering the way we drink, Rowman & Littlefield Publishers, 2022 Per chi desiderasse approfondire il tema del climate change in relazione alla viticoltura, questo libro esplora i modi in cui il nostro ambiente naturale, in continua evoluzione, sta attivamente influenzando la produzione di vino a ogni passo, dalla coltivazione dell’uva al consumo del prodotto finale. Pur non essendo incentrata sul Mediterraneo, l’analisi offre delle interessanti considerazioni sui meccanismi generali in atto, includendone sia le implicazioni problematiche che alcuni risvolti positivi.