Corpinnat es la fuerza. Federico Cocchetto Ci vuole coraggio. Sì, ci vuole coraggio per abbandonare la facile strada già tracciata e seguire una via impervia per affermare la qualità del proprio prodotto. È il coraggio che ha avuto un manipolo di produttori catalani del Penedès, lasciando la già affermata denominazione Cava e dando vita a una nuova identità. L’obiettivo era quello di comunicare al mercato in maniera corretta lo sforzo per valorizzare qualitativamente i propri prodotti, sulla base di un’esperienza nel método tradicional iniziata alla fine del XIX secolo nelle bodegas locali. Mi riferisco al Corpinnat, un marchio collettivo europeo di vignaioli catalani il cui nome deriva dall’accorpamento delle parole “COR”, cuore, PINNAT, in riferimento all’origine del toponimo Penedès, la cui radice etimologica latina è “pinnae” (cioè rocce) e NAT, nato: “Nato nel cuore del Penedès”. Ma andiamo per ordine: alcune aziende che già utilizzavano tecniche rigorose di vinificazione e di spumantizzazione decisero di lottare per valorizzare i traguardi raggiunti al fine di alzare l’asticella della qualità. Dopo alcuni infruttuosi tentativi di modifica al disciplinare della DO Cava, di cui facevano parte, divenne una scelta obbligata il dover lasciare la denominazione. Fu così che questo gruppo di bodegas diede il via a fine 2017 alla costituzione dell’Associació de Viticultors i Elaboradors Corpinnat (AVEC), che ha la titolarità del marchio collettivo Corpinnat. L’anno zero della fuoriuscita è stato tuttavia il 2019; in breve tempo alle sei aziende costituenti – Gramona, Recaredo, Torelló, Llopart, Sabaté i Coca, Nadal – se ne aggiunsero altre cinque: Can Descregut, Pardas, Júlia Bernet, Mas Candí e Can Feixes. A ottobre 2023 anche Els Bufadors è entrata a far parte del gruppo. Il cuore del Penedès, l’area in cui risiedono le aziende del Corpinnat, è a sud ovest di Barcellona ed è distribuita su 46 municipalità. Copre una superficie di quasi mille km quadrati racchiusi tra le alture delle Muntanyes de l’Ordal a nordest, il Massif del Garraf a est, la Serra del Montmell a sud, la Serra de la Lacuna a ovest e l’imponente Montserrat a nord. Le altitudini variano dai 300 agli oltre 1.200 metri e, in base alla zona, le precipitazioni oscillano tra i 530 e i 700 mm; le temperature minime sono tra i 12 e i 16 gradi. Decisamente importante l’apporto funzionale della marinada: il vento che spira dal mare rimbalza sui versanti collinari e, ricadendo al centro dell’area, deposita umidità. Le origini dei terreni risalgono principalmente al Neogene e quaternario al centro nord, al giurassico e triassico a ovest, al cretacico a est. La tipologia è molto eterogenea, con la prevalenza di conglomerati e brecce, ma anche calcare e arenarie. Non mancano suggestivi terrazzamenti rinforzati da muri a secco. Sui circa 23.000 ettari di vigna di quest’area, quelli a produzione Corpinnat sono poco più di 1.100, disposti a macchia di leopardo. Le tipologie d’uva ammesse nel ciclo produttivo sono le varietà storiche, obbligatoriamente almeno il 90%: xarel-lo, macabeo, parellada, malvasia (subirat parent), sumoll, garnacha, xarel-lo rosado (vermell), monastrell. Fino a un massimo del 10% concorrono anche quelle non storiche come trepat, oltre agli internazionali chardonnay e pinot nero. La resa massima per ettaro è 120 q, che si abbassa a 80 q in caso di irrigazione. La fierezza catalana è riuscita a raggiungere lo scopo di far risaltare la qualità con un rigidissimo reglamento che impone, ad esempio, coltivazione biologica o biodinamica solo di uve dai vigneti di proprietà oppure acquistate per un massimo del 25% con contratti almeno triennali, pagandole a un prezzo equo. La vendemmia deve essere manuale, tutta la vinificazione deve svolgersi all’interno dell’azienda. Vige il divieto di acquisto di mosti, di vini base, di bottiglie già in punta. Il periodo minimo di permanenza sui lieviti è 18 mesi, ma poiché da disciplinare c’è l’obbligo di avere a listino almeno un 30 e un 60 mesi, le etichette commercializzate con 18-30 mesi di affinamento sui lieviti risultano quantitativamente inferiori al 20%. Esistono comunque realtà con permanenze di 100, 120, 140 mesi e oltre. Tendenzialmente i dosaggi sono bassi: brut, ma più spesso extra brut oppure brut nature. I virtuosismi da artigiani del vino sono molteplici. Vi sono aziende, solo per citarne alcune, come Torelló che per i vini più importanti utilizza il tappo in sughero per il tiraggio o come Recaredo che lo fa per tutta la produzione, effettuando la sboccatura manuale con una frequenza di 240 bottiglie/ora/uomo. L’azienda Gramona esegue coup de poignet plurimi prima del remuage, anche tre in 24 mesi e tutto ciò implica un grande lavoro manuale per le operazioni di accatastamento. È pratica comune anche il barbecho, vale a dire l’espiantazione del vigneto lasciando riposare il terreno per 3-5 anni prima del reimpianto. Un misto di “meccanicità manuale” è l’esempio di Can Feixes, in cui le gyropalette non sono meccanizzate, ma hanno la base fornita di un telaio a ottagono che permette di girarle manualmente per un ottavo di giro fino al momento della sboccatura. Le bodegas ruotano attorno ai due centri principali, Sant Sadurní d’Anoia e Vilafranca del Penedès, ma ve ne sono anche di più isolate, soprattutto verso i pendii collinari. Le partecipazioni dei vini del Corpinnat a degustazioni, fiere ed eventi sono molteplici, sia all’interno dei confini nazionali che all’estero. Nel web è ormai facile trovare articoli e notizie che sempre più parlano di questo fenomeno che nel volgere di pochi anni occupa sempre più frequentemente spazi nei media e negli ambienti specializzati. Non senza una punta d’orgoglio si sottolinea che AIS ha presentato per prima al mondo una degustazione che vedeva insieme contemporaneamente al di fuori della Spagna i vini di tutti i produttori del Corpinnat. Svoltasi a fine maggio 2023 a Treviso con la presenza in sala di alcuni esponenti delle cantine interessate, l’occasione è stata ghiotta per gli associati che hanno potuto godere di un panorama completo delle undici aziende allora costituenti la “Marca Col·lectiva de la Unió Europea”. Il fil rouge nell’analisi organolettica dei vini degustati è una certa e fine terrosità. Si è apprezzata la grande eleganza in quelli di Can Feixes, situata a nord ovest, ma anche l’espressività del frutto, mela rossa soprattutto, con una bella carbonica in quelli di Júlia Bernet e Mas Candí a sud est. Sempre verso est, ma nella parte più bassa e interna delle colline, sorprendono Llopart e Torelló con vini di acidità nervosa e potenza di sorso. Recaredo e Gramona, le cui sedi sono nel centro storico di Sant Sadurní d’Anoia, sono lo zoccolo duro di Corpinnat e fanno parte di quel nucleo di aziende con radici profonde nel tempo. I loro vini hanno un mix equilibrato di note saline e agrumate con persistenza rocciosa. Nei vini di Can Descregut e Pardas, a nordovest rispettivamente di Sant “Sadurní” d’Anoia e di Vilafranca del Penedès, si rivela la singolare presenza dell’uva sumoll, nel primo da vero blanc de noirs, nel secondo con percezioni tanniche che donano persistenza. Nella stessa zona Nadal si contraddistingue per grande bevibilità e immediatezza, mentre Sabaté i Coca, più vicino a Sant Sadurní, sviluppa toni fumé e finale agrumato. Queste righe sono frutto di un’esperienza di viaggio conclusasi con il raggiungimento di un obiettivo perseguito da tempo: dar voce a un insieme di persone coraggiose che si sono sottratte alle regole di mercato nel nome della qualità. Sorprendenti sono state sia la grandissima ospitalità ricevuta durante le visite a questi produttori sia la piacevolezza espressa dai loro vins escumosos, veri territori nel calice. La fierezza catalana è riuscita a raggiungere lo scopo di far risaltare la qualità con un rigidissimo reglamento che impone, ad esempio, coltivazione biologica o biodinamica solo di uve dai vigneti di proprietà oppure acquistate per un massimo del 25% con contratti almeno triennali, pagandole a un prezzo equo.