Un’altra bella storia, questa vera non leggenda, racconta come si è arrivati alla pratica agricola del cosiddetto scuzzulato o bastardone, il ficodìndia che fruttifica due volte perché gli vengono scuzzulati – recisi – i fiori. Fu una lite, dice l’agronomo siciliano Alfonso Spagna in uno scritto del 1884, tra due contadini confinanti a dare il via alla pratica di tagliare i fiori: “È voce generale che un colono di Capaci si rifiutasse di vendere la produzione dei suoi fichi d’India a un conterraneo che vi aspirava e che costui, indignato del diniego, vendicasse la ricusa con la violenza, atterrandogli i frutti in piena fioritura. Quest’eccesso vandalico produsse effetti contrari alle sinistre intenzioni del malvagio autore. I frutti rinacquero poco dopo negli internodi in minor numero, ma turgidi e promettenti oltre l’usato e vennero a maturazione con buccia fina e polpa così serrata e consistente da potersi conservare a magazzino per più mesi e resistere agli eventi delle lunghe navigazioni”. Un atto di cattiveria, vandalico, che si ritorse contro il “malvagio autore”, ma che indicò ai coltivatori di fichidìndia la strada per ottenere, sia pure in ritardo, fichi più belli e più dolci. Concludeva Spagna: “Da quel tempo finora lo scoccolamento delle bacche verdi fu adoperato in larga misura per ottenere da quella Cactea i migliori frutti desiderabili”.
Chi ha ancora qualche scampolo di vacanza e va in Sicilia non perda il gelato di fichidìndia, concentrato di freschezza e antica arte gelatiera. E non perda alcuna delle occasioni gastronomiche legate a questo frutto: confetture, gelatine, mostarde, sciroppi, liquori, interessanti risotti, insalate insolite, tagliatelle con speck (nord-sud, che matrimonio!), dolci. In un’altra isola, a Ponza, siamo nell’arcipelago delle Ponziane, è fantastica la parmigiana delle palette, un piatto tradizionale nel quale si usano i cladodi del ficodìndia al posto delle melanzane. Il procedimento è lo stesso: abbondante sugo di pomodoro, copiose nevicate di parmigiano e via, infornare. Il piatto, tipico dell’isola, è stato inserito tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT) del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.