Dopo aver visto e conosciuto l’Abruzzo, ho detto e ripeto io: Abruzzo Forte e Gentile.
Primo, Abruzzo forte e gentile. Impressioni d’occhio e di cuore
Stretto tra gli Appennini e l’Adriatico – due presenze che si avvertono anche quando, ed è fatto raro percorrendo il territorio, non si vedono –, l’Abruzzo è terra di rilievi (montagne, altopiani, colline), fiumi e laghi, di rupi e radure, di aspri anfratti e spettacolari silenzi, di paesi arroccati dai nomi stravaganti ed evocativi (c’è perfino un palindromo, Ateleta, uno dei cinque di tutta l’Italia), di fiere municipalità e fervore religioso, di cattedrali e abbazie, di torri di guardia e trabocchi. Una regione dalla bellezza irriducibile che ti entra dentro, nella mente e nel sangue, ma che in larga parte giace misconosciuta al pubblico, forse tuttora ancorato al cliché di un Abruzzo arcaico legato all’immaginario di un D’Annunzio (“pastorale, violento, ieratico”) o di un Silone (“gli umiliati cafoni, i poveri, le vittime”), quando “la carnalità del primo, la lamentazione del secondo non rendono giustizia all’unicità abruzzese” (Manganelli): durante gli otto giorni del mio viaggio ho incontrato solo gente ospitale e cordiale, orgogliosa della propria identità quanto conoscitrice della propria terra.