Delle macroregioni produttive francesi, l’ampio bacino della Valle del Rodano è tra le meno battute dagli enofili italiani. “Enofili italiani” è una generica astrazione, dal momento che non esistono gruppi di appassionati monotematici omogenei ma piuttosto sacche di aficionados distribuite casualmente lungo la penisola: gli impallinati per la Champagne (numerosissimi da nord a sud), i fanatici della Borgogna (che sono passati da piccoli drappelli sparuti a un vero e proprio esercito negli ultimi due decenni), le truppe d’élite dei bianchi della Loira e dei Bordeaux (pochi ma agguerriti). I vini del Rodano, chissà perché, si muovono invece sottotraccia nel nostro territorio nazionale. Storicamente arrivavano in buona parte non da importatori strutturati e ufficiali ma grazie all’iniziative di privati, che distribuivano piccole quantità di bottiglie; ricordo a titolo di singolo esempio il motivatissimo oste marchigiano Michele “Michelino” Alesiani, che negli anni Novanta del secolo scorso importava direttamente i robusti e profumati Cornas di Thierry Allemand.
Un fatto curioso, anche e soprattutto perché si tratta di un’areale produttivo assai vasto, che parte dai rilievi della Côte Rôtie, a una trentina di chilometri da Lione, e attraversando quasi un terzo dell’intera Francia arriva alle porte di Avignone, centinaia di chilometri più a sud. La letteratura classica propone una suddivisione netta della regione in termini vinicoli: da un lato i vini del Rodano meridionale – il cui portabandiera è indubitabilmente lo Châteauneuf du Pape –, in media più caldi e avvolgenti, e non di rado più semplici e bon marché.