Cucina mediterranea? Credo che un interrogativo come questo apra affascinanti e complicatissime prospettive di risposta, se non altro perché si deve razionalmente riconoscere che non può esserci una sola risposta, e avventurarsi nella ricerca di un valore che possa sintetizzare più risposte è come addentrarsi nel labirinto di Cnosso, per cui se non troviamo il filo rosso di Arianna si rischia di smarrirsi in inconcludenti congetture e magari incontrare il nuovo Minotauro. Prima di strategizzare una prospettiva dissertativa, ancorché eno-culinaria, sarà opportuno decriptare l’essenza odierna della parola Mediterraneo perché ha dei contorni (per non dire scontri) sociali, politici e culturali che si sono allontanati da tutto ciò che rappresentava in passato. In lingua araba il termine con cui si indica il Mediterraneo alla lettera significa “il mare bianco di mezzo”. Per i Romani era il mare nostrum, però in qualunque modo si voglia intercettare e interpretare le sue angolature culturali, includendovi cibo e vino, pur non potendo essere essenza di unicità, è cogliere tutte le distanze etniche, loro preziosi valori e tutte le loro variabili culturali che è possibile ritrovare e costruire una geografia valorizzatrice di una civilizzazione culinaria. L’aspetto più affascinante della mediterraneità gastronomica e culinaria è che, rispetto ad altre aristocrazie culinarie, ha dei fili conduttori: l’olio extravergine di oliva e il pane (anzi i diversi pani,) come essenziali e continuativi fulcri che oltrepassano sia i confini geopolitici sia quelli culturali, in second’ordine c’è il vino, perché per talune popolazioni non è la bevanda sociale.
L’olio è realmente il collante culinario del Mediterraneo, che nella semplicità del suo essere essenza di un naturalissimo sé stesso è capace di offrire alle pietanze alcuni caratteri gusto-olfattivi che le differenti varietà di cultivar possiedono nei diversi areali olivicoli in cui trovano coltivazione. L’Ayvalik, per esempio, è un’oliva della Turchia capace di dare un olio straordinariamente aromatico con flebili e raffinate brezze vegetali che evocano orti di erbe officinali e un gusto che tradisce una delicatezza fruttata di melanzana e mela verde con finale di addolcente mandorla bianca fresca.
