Quando tutto è iniziato, nel 1975, il vino del Trentino era sopratutto quello dei nobili e delle cantine sociali. Poche aziende storiche, come Ferrari dei Lunelli. O quelle dei Conti Bossi Fedrigotti o dei marchesi Guerrieri Gonzaga, con secoli di vendemmie alle spalle. Ma qualcosa covava tra i vigneti percorsi dai venti delle Dolomiti. Distante dai blasoni, stava nascendo una nuova generazione di vignaioli. Nuova energia, per nuovi vini al passo con i nuovi tempi. Perché anche in montagna stava svanendo la società immobile con i benestanti padroni delle terre da una parte e i contadini poveri dall’altra. I vignaioli emergenti erano pochi, freschi di studi, squattrinati, ma pieni di voglia dissacrante per cambiare le carte in tavola, inventando qualcosa che il Trentino non aveva mai visto.
