la sciabolata di Michel Thoulouze, proprietario di Orto di Venezia AVANTI VERSO IL PASSATO L’avvenire del vino: ritrovare le sue vere radici. Quando mi capita di passeggiare a Vinitaly o a Vinexpo tra uno stand e l’altro, ho l’impressione di essere in via della Spiga o in Avenue Montagne. L’allestimento, il packaging, la comunicazione, ogni dettaglio è pensato per promuovere o vendere il vino come un prodotto di lusso. Lo stesso accade visitando i siti web delle varie cantine: belle foto del tramonto, una del produttore con i contadini in posa e pronti per una sfilata chic, tutto bellissimo e scintillante, peccato che vi siano poche, pochissime informazioni sul vino. C’è però una grossa differenza che divide il lusso e il vino, una cosa che il lusso non avrà mai: la convivialità. Una bottiglia al centro di una tavola di amici, sorridenti e con i bicchieri vuoti. Questa sì che sarebbe una bella immagine, una comunicazione autentica. Peggio di questo però c’è la liturgia dei maestri della falsa sapienza. Il naso nel bicchiere, lo sguardo rivolto al cielo, le parole incensanti “Sentori di frutti di bosco con una punta di terra bagnata", mentre si fa roteare il bicchiere per una buona mezz’ora, quando forse sarebbe il caso di dire “bevilo e apprezzalo”. Quando si mangia un pesce o una carne, non si cercano altri gusti, il pesce può essere troppo cotto, la carne non sufficientemente frollata, allo stesso modo, il vino può essere più o meno persistente in bocca, avere poca o troppa acidità, troppo legno. E per esaltare ancora di più l’ego di questi nuovi maestri, si possono comprare senza alcun problema lieviti o tannini per costruire un gusto a scelta o, peggio ancora, aggiungere aromi chimici nel vino. Andando però ancora più in profondità, c’è la deriva del fare pomposo e solenne del Sommelier (non tutti) al ristorante che presenta bottiglie come le avesse scovate nelle cantine segrete di un castello. Qualche goccia nel bicchiere e poi arriva lo sguardo pesante e pressante nei confronti del cliente, spesso diviso tra l’impaurito compiacimento e l’imbarazzo di dover inventare una frase stile “gusto di volpe e mela” e se per caso il vino è schifoso, chiede con con la testa un cenno di approvazione per evitargli che il Nobile Signore del Castello esca per tagliargli la testa. Se oggi il vino sta perdendo clienti, in particolare nella generazione dei giovani, è dovuto al fatto che non è un più un mero atto di leggerezza, di gioia, di semplicità che ben si sposano con la voglia di condividere il costo di una bottiglia, i bicchieri vuoti e una macchia sulla tovaglia. Questa immagine è diventata ormai di proprietà della birra e dei superalcolici, la colpa è soltanto nostra, di noi che viviamo di vino.