Fratelli Agnes, Bonarda Heritage

Non solo le tante Rose Oro ricevute dal Loghetto, sono molti i vini aziendali premiati a più riprese. Comune denominatore: la croatina e la forte identità territoriale, perché Cristiano e Sergio Agnes nel vino vogliono sentire l’anima

ANITA CROCI

“Benvenuti a Rovescala, città del vino e del Bonarda” recita così il cartello di benvenuto all’ingresso del comune, poco prima di raggiungere la cantina dei Fratelli Agnes. E se Rovescala è sinonimo di Bonarda, Bonarda è sinonimo di Agnes e viceversa. E tutti quanti – ambiente, vitigno, elemento umano – sono intimamente collegati. Non è forse questo il terroir? 

Bonarda e bonarda. «Tante volte qui diciamo ancora bonarda intendendo croatina, perché l’uva si è sempre chiamata così, ma bisogna distinguere: Bonarda è il vino, riconosciuto con la Doc del 1970, che deve contenere croatina almeno per l’85%». I cloni di croatina in commercio sono diversi, ma fino all’avvento dei grandi vivaisti erano gli agricoltori stessi che prelevavano dalle proprie piante migliori le marze da innestare. Selezione, non clonazione: uno dei fattori determinanti nei vini dei Fratelli Agnes è un parco viti della media di 65/70 anni composto da materiale di propagazione originario, che ha preservato qualità e varietà della croatina locale. 

Merito prima dei bisnonni e poi del padre e dello zio, i fratelli Luigi e Alberto Agnes da cui l’azienda prende il nome. Infatti, per quanto la produzione di vino abbia radici antiche in famiglia, la svolta commerciale arriva con loro nel Dopoguerra, quando dalla vendita di botti agli osti si passa alle damigiane e poi alle bottiglie. «Allora non c’erano gli strumenti e le conoscenze attuali. Si facevano solo due vini: uno mosso e uno fermo. Il primo era la consuetudine e si imbottigliava con la Luna di Pasqua, quando i lieviti indigeni non avevano completato la fermentazione, che proseguiva in bottiglia creando un’effervescenza naturale; nelle migliori annate invece si teneva da parte del vino per farlo maturare in legno».