Acqua, grano e aria, sintesi della storia lucana. Di origini antichissime, oggi viene venduto anche nei magazzini Harrods a Londra
GABRIELE MERLO
GABRIELE MERLO
Matera è una città unica e affascinante, come ebbe modo di scrivere Carlo Levi nel celebre romanzo del 1945 “Cristo si è fermato a Eboli”: «Chiunque
veda Matera non può non restarne colpito tanto è espressiva e toccante la sua dolente bellezza».
Le tradizioni gastronomiche di questa città, patrimonio dell’Unesco, ruotano attorno a un prodotto simbolo dell’alimentazione mediterranea: il pane.
Dalle antiche società contadine delle grotte dei sassi ai giorni nostri, il Pane di Matera è, da secoli, una reale eccellenza lucana; gli abitanti di
Matera, e dell’intera Basilicata, hanno da sempre ritrovato nel pane un elemento imprescindibile della loro alimentazione, della loro vita e comunità.
La produzione casalinga del pane era un rituale ancestrale che scandiva ciclicamente le stagioni e i tempi del raccolto, rappresentava un momento di
incontro e di condivisione. “Fare il pane” era un rito denso di diversi significati, che culminava con le parole: “Nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo”, impartite mimando il segno della croce e avviando poi il pane al forno per la cottura.
Storicamente, sin dai tempi dell’Impero Romano, esistono testimonianze che attestano la coltivazione del grano e la capacità di conservarlo sulla
Collina Materana e nei paesi limitrofi. Una peculiarità specifica del territorio che, grazie alle caratteristiche pedologiche dei suoi terreni argillosi
e climatiche (piovosità media di 350 mm annui), è particolarmente vocato alla produzione di frumento.