Ideata a fine ‘400 da Cristoforo di Messisbugo, è un dolce amatissimo e riproposto non solo a livello casalingo ma anche da moltissimi pasticcieri
ANDREA GRIGNAFFINI
ANDREA GRIGNAFFINI
MANTOVA, 1490. Isabella D’Este siede al tavolo d’onore con Francesco II Gonzaga, l’uomo al quale ha appena giurato fedeltà. Per l’occasione è stato imbastito un banchetto sontuoso: dai soffitti pendono cinquanta lampadari a illuminare la tavola spropositata, lunga più di quaranta metri. Gli ospiti sono un centinaio, “gentil'huomini e gentildonne” che vestono di sete provenienti da oriente, in un tripudio di ornamenti sontuosi esibiti voluttuosamente. Il cicalio degli ospiti è interrotto dalla rappresentazione della commedia composta per l’occasione da Ludovico Ariosto; quindi il vociare riprende in attesa dell’inizio del banchetto, per poi essere sostituito da esclamazioni di stupore di fronte al susseguirsi delle portate. Madrigali a più voci, liuti e clavicembali annunciano il primo servizio di mensa e si prosegue così fino al nono. Uova di storione pescato nel vicino Po, ostriche, pavoni, gru e pernici fanno la loro apparizione sulla tavola decorata con statue di zucchero e così rimpinguata di ogni bendidio. Novantanove portate che appagano la vista con i loro elaborati impiattamenti e dichiarano tutta la forza e l’opulenza della corte mantovana.