De Toma, quando il Moscato di Scanzo vola alto
Per chi ama i cieli e li attraversa con jet supersonici è importante amare la terra, trait d’union con la storia di un vino e di una famiglia
di SARA MISSAGLIA

Staccare l’ombra da terra è il primo effetto del volo: perdere il contatto anche solo con quel contorno scuro che appare come il ricordo di noi e, all’interno dell’abitacolo di un aereo, prendere il volo. Manovre studiate, riprovate e testate più volte, nella chirurgica precisione di una check list ripercorsa per la sicurezza, in primis dei passeggeri. Allontanandosi è possibile cogliere tutto ciò che ci sta intorno, dove coralità e visione sono le istantanee di un mondo sempre più lontano, in cui l’altitudine crea non distanza ma nostalgia. Nell’aria non si lasciano impronte, sulla terra sì: il desiderio di tornare a casa ha il sapore della vittoria, ogni volta.
Living on a jet plane (Jonh Denver, cit)
Giacomo De Toma, classe 1963, è un produttore di Moscato di Scanzo ed è un pilota: l’ordine è casuale, nel cuore non ci sono mai priorità. Filari al posto della pista di decollo, con l’amore per un vitigno che ha radici profonde nella storia della sua famiglia. I racconti di Giacomo partono da lontano e, nel ripercorrere la storia le spalle, non sono mai voltate al futuro, con gli occhi che continuano a guardare oltre. «Sono un predestinato, erano talmente tante le probabilità che le cose potessero andare in un modo diverso che deve esserci un disegno preciso per essere qui, oggi, a produrre il nostro vino». Siamo nel 1400 e tutto ha inizio da lì, da quando alcuni antenati della famiglia, originari di Ravenna, i fratelli Mandelli, si arruolano come soldati di ventura al fianco dell’Imperatore di Germania e di Muzio Attendolo, detto “lo Sforza”, per la liberazione di Milano. I condottieri portano a casa non solo la vittoria, ma anche gloria, onori e denari: in primis il riconoscimento dello stemma con i tre leoni, sigillo dei tre fratelli, e poi terre di proprietà nella zona di Scanzorosciate. Domenico Mandelli, discendente della famiglia, fisico dell’epoca e proprietario di molte delle terre del comune, nel 1824 acquista dalla famiglia di Giacomo Quarenghi altri appezzamenti nei dintorni: da uno di questi, oggi in attesa di certificazione come “vigneto storico”, ha inizio la storia dei De Toma. Domenico Mandelli, privo di eredi diretti, lascerà il patrimonio a Carolina, la bisnonna di Giacomo. Carolina sposa Giuseppe De Toma, originario di Arona: dalla loro unione nasce Giacomo De Toma, il nonno del Giacomo “pilota” dei giorni nostri. Il nonno è medico chirurgo, si appassiona al moscato di Scanzo allevato nei vigneti di proprietà e continua a produrlo su scala maggiore rispetto al consumo domestico. «Il vitigno era all’epoca una sorta di Araba Fenice, tutti lo conoscevano ma nessuno lo beveva: era riservato infatti a una ristretta cerchia di nobili e di altolocati, elemento lieto e apprezzato nei lunghi inverni di conversazioni, ma nulla di più. Mio nonno diede corso ad un’ampia rivalutazione del vitigno, e per questo motivo oggi siamo la più antica famiglia esistente produttrice di Moscato di Scanzo», ci racconta Giacomo.