DIRITTO DIVINO I FATTI E LE OPINIONI Siccità ed emergenze fitosanitarie Anche la viticoltura è chiamata a strategie di adattamento tra cambiamenti climatici e stringenti normative ambientali di PAOLA MARCONE IL rapporto del CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, racconta dell’annata 2023 come di una stagione caratterizzata nei primi mesi da siccità e caldo, con una primavera mite, forti piogge ed elevata umidità, ossia condizioni che hanno talmente inciso sul metabolismo delle viti da rallentarne la maturazione, esponendole a massicci attacchi fungini, primi tra tutti a quelli della peronospora. Alle problematiche riscontrate in fase di maturazione dei grappoli l’estate poi ha aggiunto quelle legate alle aggressive ondate di calore, che hanno determinato un anomalo stress idrico nelle piante, già sofferenti per il limitato e tardivo sviluppo. Non sono mancate violente grandinate e fenomeni a carattere alluvionale che hanno inciso sulla gestione del vigneto, così che non devono stupire le stime che calcolano una contrazione, rispetto agli anni precedenti, della produzione vinicola italiana 2023-2024 intorno ai 44 milioni di ettolitri, anche se ‒ assicurano le organizzazioni di settore ‒ la qualità del raccolto risulterebbe preservata. In ogni caso, se questa fotografia dell’annata 2023 potrebbe apparentemente giustificarsi con il fatto che il lavoro agricolo è di per se stesso legato all’andamento metereologico di ogni singola stagione, quella che risulta parimenti incontestabile è ormai la tendenza ciclica di periodi ravvicinati caratterizzati tanto dall’innalzamento del riscaldamento termico quanto da eventi estremi e repentini. Se ne potrebbero discutere i motivi, ma non certo potrebbe negarsi la realtà del cambiamento, che tutti gli indici degli osservatori istituzionali concordemente confermano. Secondo i dati rilasciati da Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea, la stagione estiva 2023 è stata la più calda mai registrata a livello globale e, per rimanere in Lombardia, la stazione di Milano Brera, che rileva le temperature dal 1763, ne ha registrato nel 2022 l’aumento di + 1.9 °C rispetto alle medie 1991-2020; addirittura di + 3.2 °C nel più ampio periodo dal 1901 al 2000. LA SICCITÀ PROLUNGATA I dati ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) sulla disponibilità idrica nazionale, fotografata al 2022, certificano che è stato colpito da siccità estrema circa il 20% del nostro territorio mentre siccità severa e moderata hanno riguardato più o meno il 40% del suolo italiano. Sicilia, Sardegna e Distretto idrografico del Po sono state le aree più colpite dal deficit di risorsa. Né va meglio nel resto della regione. ARPA Lombardia ha calcolato nel 2022 temperature superiori alla media di + 1.3 °C a Mantova, + 2.5 °C Sondrio, + 1.8 °C a Pavia e Brescia. Una tendenza ormai acclarata alla siccità meteorologica, quindi, che è destinata a determinare tanto siccità idrologica, per deficit di risorse su ghiacciai, laghi, fiumi, falde, quanto siccità agronomica, perché, esaurite le riserve di acqua utilizzabili più facilmente dall’apparato radicale delle piante, inevitabilmente cominciano a manifestarsi sintomi di stress idrico. Tradizionalmente, la resistenza della vite alla siccità ha fatto sì che la pratica dell’irrigazione fosse riservata alle piante quasi esclusivamente nei primi anni d’impianto per tutelarne l’attecchimento, mentre per le viti più adulte l’operazione è stata considerata con un certo disfavore, potendo avere carattere di forzatura agronomica per aumento delle rese. Un eccesso d’acqua, infatti, determina una maggiore crescita vegetativa e produttiva delle piante, anche se con mortificazione di parametri come zuccheri, pigmenti, acidità e dunque della qualità del vino finale. All’opposto, tuttavia, anche uno stress idrico severo scatena una serie di reazioni biochimiche nella pianta che determinano diminuzione o annullamento della sua attività di assimilazione, con il risultato di scarsa qualità del vino. In condizioni climatiche siccitose come quelle ormai usuali, allora, l’irrigazione assume un valore non più svilente ma viceversa diligente, essendo mirata al mantenimento della corretta fisiologia della vite. Non a caso il nostro Testo Unico del vino, nel ribadire il divieto delle pratiche di forzatura ha esplicitamente precisato come tra queste non debba considerarsi l’irrigazione, laddove serva a soccorso della vite, garantendole uno stress idrico controllato. L’impostazione normativa, quindi, non riserva più alla discrezionalità dei singoli disciplinari di produzione la facoltà di ricorrere all’irrigazione, ma ne riconosce la valenza di strumento di supporto al vigneto nei periodi di prolungata siccità, fermo naturalmente il rispetto del limite massimo di resa previsto dai disciplinari e i controlli effettuati dagli enti di verifica. Si è assistito così a un costante aumento del ricorso all’irrigazione sia attraverso l’autoapprovvigionamento sia ricorrendo alla rete collettiva, tradizionalmente gestita da enti pubblici come i Consorzi di Bonifica che forniscono alle aziende acqua con opere infrastrutturali di prelievo, stoccaggio e trasporto. Naturalmente la necessità di maggiore irrigazione pone ai viticoltori anche quesiti sulla sostenibilità economica degli impianti e su questo tema molti enti hanno attivato progetti a supporto del comparto vitivinicolo. Regione Lombardia ha concluso a dicembre 2022 un articolato programma, SOS – Agricoltura Precisione, finanziato con fondi europei e nazionali per lo sviluppo rurale, che ha visto protagoniste, per la viticoltura, due aziende del Garda mantovano, Ricchi e Cantine Gozzi. Nei rispettivi appezzamenti si sono testate tecniche di agricoltura di precisione per ridurre l’impatto sul consumo e sulla qualità delle acque, nell’intento anche di ottenere incrementi di ricavi. La massimizzazione dei profitti in viticoltura è, infatti, tanto più possibile quanto maggiormente aumenti il valore del prodotto e, alla luce del cambiamento climatico, è evidente come l’acqua giochi un ruolo primario. Ovviamente per usare acqua, piovana o supplementare che sia, è necessario poterne avere sufficiente disponibilità. Il ripetersi di prolungate siccità, in aggiunta spesso a infrastrutture irrigue inefficienti, rendono viceversa sempre più critico il tema della scarsità delle risorse idriche, mentre temperature calde associate alle piogge e all’umidità espongono le viti alle più varie malattie. Andrea Sala - Pietramatta (Cenate Sotto - BG) Produttore Colle di Loreto, pochi chilometri da Bergamo, offre uno sguardo aperto a 360°. È il biglietto da visita che Andrea Sala ci porge passeggiando tra le vigne che sono al contempo meraviglioso giardino della casa di famiglia. . «Siccità e peronospora sembrano una costante delle vendemmie: cosa ritieni essenziale per affrontarle?», chiediamo subito. «Conoscere a fondo i suoli. L’area bergamasca non è mai stata considerata un’eccellenza per il vino. Il sass de luna, la pietra matta appunto, come la chiamano i muratori locali, è porosa e si sfalda, assorbendo acqua. In passato era un limite per la viticoltura di qualità, oggi un vero aiuto, poggiando la pietra su strati di roccia più solida che diventano serbatoio di accumulo. L’irrigazione, sempre di precisione, è così molto più limitata. Per il mio progetto di spumantizzazione, Altebolle, ho scelto però una vigna sotto il massiccio della Presolana, in alta Val Seriana, più alta e fresca, con prevalenza di dolomia ricca di magnesio, che limita l’assorbimento di potassio, preservando l’acidità. Altro fattore essenziale è la minima invasività agronomica. La vite tendenzialmente si autoregola e servono pochi interventi per accompagnarla nel ciclo vegetativo. Non faccio cimature proprio per proteggere i grappoli da scottature e grandine; tolgo foglie solo nella fascia più bassa per arieggiare; preferisco acini più piccoli ma con buccia in proporzione maggiore che tanta polpa, acqua e meno polifenoli. Sul fronte malattie, la peronospora è sempre in agguato: temperatura calda e umidità notturna sono spie del potenziale sviluppo del fungo, che resta difficile da gestire soprattutto non utilizzando pesticidi chimici. Attualmente sperimento dei biostimolanti di origine naturale che stimolano le difese della pianta attraverso le fitoalessine. L’utilizzo non è però così semplice anche perché vanno utilizzate entro 2 giorni dalla pioggia infettante. I vitigni PIWI comunque resistono sempre più degli altri: per me è un dato di fatto» Il Regolamento comunitario 2020/74, applicato dal 26 giugno 2023, rappresenta lo strumento normativo più recente sul riutilizzo a scopi irrigui delle acque reflue urbane, prescrivendo parametri minimi di qualità dell’acqua, con monitoraggi cadenzati e uniformi per tutti gli Stati membri e indicazione dei trattamenti applicabili alle diverse tipologie di colture irrigate La stagione vitivinicola 2023 è stata contrassegnata da un massiccio sviluppo della peronospora, così difficile da contenere che in alcune zone del Centro-Sud e in particolare nel vigneto biologico si sono calcolate perdite di raccolto anche del 50% di media. Per arginare la situazione emergenziale il Governo ha stanziato circa un milione di euro per compensare i danni subiti dai viticoltori, riferibili non solo a perdite di raccolto, ma anche a maggiori costi per incremento di mezzi e manodopera utilizzata nei trattamenti ulteriori, attivati nel tentativo di salvare il salvabile. L’uso di pesticidi che già nell’ordinario non è poi così secondario nel mondo vitivinicolo, assorbendo circa il 25% dei prodotti di trattamento utilizzati in agricoltura, con rame, zolfo e fungicidi in testa. Proprio questo aspetto è ormai di grande interesse per i viticoltori (almeno di quelli che si dedicano alle vigne non per mero fine speculativo), sperimentando loro stessi in prima persona quanto l’uso elevato di agrofarmaci determini un tale squilibrio nell’ecosistema del vigneto da impoverirne la biodiversità e portare persino al paradosso di sviluppare resistenza proprio in quei parassiti che si vorrebbero contrastare. In ogni caso sicuro è l’effetto inquinante per suolo e acqua ma anche aria, per il maggior rilascio di gas serra nell’utilizzo dei macchinari irroratori. Un quadro critico questo acuito dai cambiamenti climatici e che si pone in netto contrasto con le strategie europee che già da alcuni decenni hanno normativamente ridotto, in percentuale totale o significativa, l’impiego di tanti principi attivi. I piani Farm to fork e Biodiversità rappresentano la sintesi più recente di questo percorso e su quest’indirizzo il progetto italiano Green Grapes, concluso nel 2021 e finanziato dall’Unione Europea, offre un valido contributo ai viticoltori suggerendo linee guida per una difesa fitosanitaria a protezione del vigneto con pratiche sostenibili in linea con la normativa comunitaria. Proprio in materia di uso di fitofarmaci è infatti attualmente in discussione una proposta legislativa di modifica del precedente testo normativo che punta ad aumentare del 25% la superficie agricola utilizzata in biologico e contemporaneamente a contrarre del 50% l’uso dei prodotti fitosanitari entro il 2030 (in Italia addirittura del 62%). Il conflitto tra Russia e Ucraina e il relativo effetto sull’economia agricola europea hanno al momento imposto il rinvio dell’approvazione del documento per consentire ulteriori valutazioni di impatto regolatorio, che tengano conto di come in tale difficile contesto la portata assai stringente delle disposizioni rischi di renderle di fatto inapplicabili. Quelli che però non appaiono in alcun modo negoziabili sono i principi cardine delle politiche europee, che vedono come uniche strade percorribili dal punto di vista della sostenibilità l’incremento della difesa a basso apporto di prodotti antiparassitari, dell’agricoltura integrata e del biologico. LE EMERGENZE FITOSANITARIE Su questi temi abbiamo raccolto l’opinione di , viticoltore bergamasco di , e di , direttrice di (l’Unione Regionale delle Bonifiche, delle Irrigazioni e dei Miglioramenti Fondiari), che ci hanno anche parlato di alcuni interessanti progetti in corso. Andrea Sala Pietramatta Gladys Lucchelli ANBI Lombardia Gladys Lucchelli (Unione Regionale delle Bonifiche, delle Irrigazioni e dei Miglioramenti Fondiari). Direttrice di ANBI Lombardia I Consorzi di bonifica, enti pubblici gestori delle acque utilizzate per diversi fini, operano in tutta Italia. In Lombardia sono 12 e con altri 6 enti di regolazione idrica sono articolati in un’Unione regionale, di cui Gladys Lucchelli è direttrice e alla quale abbiamo chiesto se ci sono progetti che riguardano la viticoltura. . «In vaste aree del Paese la rete di bonifica assolve anche al ruolo di distribuzione irrigua, ormai necessaria per le scarse precipitazioni e le poche riserve nei suoli dovute alla siccità. Questo riguarda l’agricoltura in genere ma non risparmia la viticoltura e proprio in Lombardia stiamo sperimentando alcuni progetti per ovviare a crisi stagionali. Insieme al Consorzio di bonifica Oglio Mella e al Consorzio Franciacorta per esempio abbiamo concluso un accordo per migliorare l’efficienza del servizio irriguo già presente ma anche per estenderlo, mettendo a disposizione del privato competenze e risorse di un ente pubblico specializzato, con costi contenuti per la collettività. Il progetto, che coinvolge il dipartimento di idraulica dell’Università di Milano, ha visto al momento la Regione finanziare la realizzazione di 8 pozzi consortili. Anche in Oltrepò sarebbe utile un’irrigazione collettiva a supporto dei viticoltori, ma a differenza della Franciacorta che vede l’Oglio come corso regolamentato e i laghi come bacini naturali di accumulo, la conformazione del territorio, il regime torrentizio dei corsi di acqua e la competenza di un Consorzio di bonifica interregionale (Piemonte e Lombardia) complicano un po’ le cose. ANBI nazionale, poi, ha iniziato un progetto pilota di riutilizzo delle acque stringendo accordi con due importanti gestori idrici di Brescia dotati di impianti per la depurazione altamente tecnologici. L’intento è sfruttare tutte le opportunità che il recente Regolamento comunitario sull’uso di acque reflue offre, garantendo sicurezza anche in agricoltura per via dei severi parametri chiesti sulla qualità dell’acqua. Se l’esito del progetto avrà buon esito si potrebbe così sopperire all’indisponibilità di risorse idriche approfittando della vicinanza dei depuratori alle aree agricole da servire»