LE TECNICHE DI VINIFICAZIONE
Per il Franciacorta Rosé il disciplinare oggi prevede, tra le uve ammesse, il vitigno pinot nero nella percentuale minima del 35%, oltre a quelle massime di chardonnay del 65%, di pinot bianco per il 50%, e di erbamat, l’ultimo vitigno ammesso nel 2017, del 10%. In oltre cinquant’anni di produzione, la quota di pinot nero prevista dal disciplinare ha subito diverse modificazioni, registrando importanti innalzamenti: la bacca nera si è, in un certo senso, guadagnata spazio e ha acquistato credibilità e terreni, attraverso un ampliamento della superficie vitata. «Molti parlano ancora di un territorio giovane mentre, se consideriamo il punto di partenza, possiamo parlare del raggiungimento di una maturità stilistica e produttiva importante a livello di intero territorio», ci spiega Mario Falcetti. «Nel 1984 il Franciacorta rosato, così allora si chiamava, prevedeva al massimo il 15% di pinot nero. Nel ‘95, circa 10 anni dopo, il 15% diventa in realtà il minimo previsto e si parla finalmente di “Rosé”», prosegue Falcetti. «Nel 2008 il disciplinare ufficializza la sosta sui lieviti di almeno 24 mesi, portando la quota di pinot nero minima al 25%, che nel 2017 viene innalzata al 35%. Si tratta quindi di un percorso che è partito da un minimo per arrivare a un massimo, con un apporto della bacca nera sempre più deciso», conclude sempre Falcetti. Per il Franciacorta Rosé vengono contemplati i seguenti dosaggi: dosaggio zero, extra brut, brut, extra dry, sec e demisec nel rispetto dei limiti di zucchero previsti dalla normativa comunitaria. Se per il Franciacorta Rosé la sosta sur lie minima è di 24 mesi, per il millesimato (con vino almeno pari all’85% dell’annata di riferimento), diventa di 30 mesi, mentre il Rosé Riserva ne richiede almeno 60. Il gusto deve essere sapido, fresco, fine e armonico, con un titolo alcolometrico volumico minimo dell’11,50%, con un’acidità totale minima di 5,00 g/l e un estratto minimo di 15,00 g/l. Il Franciacorta Pas Dosé Rosé Parosé “Riedizione 2023” di Mosnel è, a questo proposito, un case study: «nel 2001 avevamo pensato a un 70% di pinot nero e un 30% di chardonnay. L’idea fu di farne un millesimato: la scelta fu di non procedere a nessun dosaggio finale», racconta Lucia Barzanò. Parosé diventa il celebre gioco di parole che tutti conoscono. «L’interpretazione stilistica di Quadra», aggiunge Falcetti, «vuole una percentuale di pinot nero importante nei propri Franciacorta Rosé. Ho sostituito l’espressione “Brut Rosé” con “Rosé Brut”, per sottolineare quanto, per noi, prima del dosaggio, sia importante la colorazione e il concetto di rosa: la quota di pinot nero prevista da Quadra va dal 50 al 100%. Lo chardonnay appare come vitigno di completamento, per il quale vengono selezionate uve da vigne vecchie per dare più rotondità a uno spumante che vive di una struttura molto precisa, verticale, agile ed energica, propria del pinot nero».