Orgoglio Rosa

Sono sempre stati considerati dei vini di serie B. Tutti lo sanno, tutti lo pensano, in pochi lo dicono. Da tempo, gli appassionati della categoria – siamo pochi, ma rumorosi – si aspettano un’esplosione, anche commerciale, che probabilmente tarda ad arrivare, anche se in realtà i tempi, per vari motivi, sembrano essere più che maturi. Quando abbiamo pensato a questo numero e al suo speciale, durante la riunione di redazione, non abbiamo avuto dubbi: sì, è tempo di occuparci di vini rosati. Anzi, di vini rosé. Sebbene il termine sia usato dai più, sia all’interno di AIS – si veda la nuova scheda analitico-descrittiva – che in altri ambiti della critica di settore, si è deciso (a ragione) di optare per “rosa” o “rosé”, più corretti per definire una categoria che comprende al suo interno anche denominazioni che non contemplano il nome “rosato”.
Nell’ultima edizione della Guida ViniPlus di Lombardia, sono state finalmente introdotte le Rose Camune Rosé, che hanno dato uno spaccato interessante della loro presenza nella nostra regione, soprattutto all’interno di tre territori che abbiamo qui cercato di esplorare usando il filtro del rosa dei vini prodotti al loro interno. Per completare l’opera abbiamo deciso anche di vedere cosa succede in altri tre areali dello Stivale dove storicamente il rosé è di casa, e infine farci un giretto anche nei Paesi del cosiddetto Nuovo Mondo. Cosa abbiamo scoperto? Che al di là delle tante sfumature di colore esistenti, delle diverse tecniche di produzione, dei differenti vitigni che si prestano a questa affascinante, quanto delicata vinificazione, c’è un fattor comune che unisce tutti quelli che si cimentano con questa tipologia: l’orgoglio. Per fare un ottimo vino rosé, che magari sappia anche sfidare il tempo, bisogna essere bravi, competenti e appassionati. Non che per fare rossi o bianchi non sia necessario, naturalmente, ma quando si fa parte di un’enclave, considerata da molti poco più di un ripiego o una semplice referenza utile per completare il proprio assortimento, si genera uno spirito di appartenenza che si avverte immediatamente nelle parole e negli occhi di chi la racconta.
Nel resto del numero, come di consueto, sono tanti gli approfondimenti, tutti da leggere, e pensiamo anche da conservare. Una novità? Il doppio editoriale sullo stesso argomento di due firme e collaboratori storici della nostra rivista e dell’Associazione.
Buona lettura!
Alessandro Franceschini
Direttore Responsabile