Qualcosa si muove nel mondo della birra artigianale italiana. E, come spesso o quasi sempre accade, la “colpa” è di Teo Musso, pioniere del settore dal lontano 1996 con Birra Baladin e decisamente il nome più noto tra i non addetti ai lavori. Meno male, perché ultimamente qualcosa sembrava essersi rotto nell’effervescente mondo dei piccoli birrifici italiani, vuoi per una raggiunta fase di maturità, vuoi per il sospetto di un ciclo arrivato a una fase di “bonaccia”, per dirla in termini nautici. Ma se le luci dei riflettori, quelli dei media almeno, si stavano affievolendo, ci ha pensato il solito Teo a riaccenderle. Prima con un equity crowdfunding da cinque milioni di euro che ha infranto tutti i record di velocità, tetto raggiunto in appena sei giorni con oltre duemila investitori, e poi con il lancio del progetto Open Hub. Di che cosa si tratta? Per spiegarlo si deve fare qualche passo indietro fino al 2017, quando Heineken Italia, tramite la sua controllata Dibevit, acquisì il controllo del birrificio brianzolo Hibu. Portata a termine l’operazione, il leader di mercato decise di dotare Hibu di un nuovo impianto di produzione, sito a Bernareggio (MB) e capace di produrre fino a 80mila ettolitri l’anno. Tuttavia, le cose non andarono come previsto e in capo a qualche anno Heineken cambiò idea: decise di disfarsi di Hibu, che fu riacquistato dai precedenti proprietari, e di mettere in vendita l’impianto nuovo di zecca. Impianto che, notizia recente, è stato rilevato proprio da Birra Baladin. E qui entra in gioco il progetto Open Hub.