I lombardi completano il piatto spolverizzando generosamente con Grana, mentre la tradizione biellese prevede un passaggio ulteriore, arricchendolo di due formaggi locali, toma stagionata e Maccagno, da sciogliere, ridotti a tocchetti, nel riso ancora caldo. E c’è anche una variante ligure, rossa e saporita grazie all’aggiunta del concentrato di pomodoro e alla salsiccia sbriciolata e rosolata, mentre unico nel suo genere è il riso in cagnone di Altare, paesino dell’entroterra savonese, che ha ottenuto la DeCo; il riso bollito, aromatizzato con limone grattugiato e mescolato a burro, formaggio e uova diventa il composto per una ghiotta torta salata da cuocere in forno. E non manca una contemporanea rivisitazione gourmet; Antonio Guida, chef dell’hotel Mandarin Oriental Milano, si discosta dalla ricetta originale per la tecnica di cottura, prevedendo, come si farebbe per un risotto, la tostatura dei chicchi con olio, alloro e uno spicchio d’aglio cui segue la graduale aggiunta di brodo. Il riso, mantecato con burro di Normandia, Castelmagno, Parmigiano e salvia, viene servito su una crema di riso alle erbe e completato da verdure saltate, insalatina di erbe e fiori, polvere di lamponi.
Spostandoci nel Mantovano, dove si coltiva elettivamente il Vialone nano, intramontabile è il piatto principe della tradizione locale, una rustica prelibatezza che giunse a spiccare sui nobili banchetti dei Gonzaga, protagonista di un’annosa quanto gustosa diatriba che parte dal suo stesso nome: riso o risotto alla pilota? Un dilemma cristallizzato dalle due città che se ne disputano la paternità, visto che la DeCo del 2010 di Castel d’Ario lo riconosce come “riso alla pilota” mentre Villimpenta ha depositato nel 1990 la ricetta del “risotto alla Villimpentese”. Pacifico per tutti è che il riso dei piloti o pilador – così si definivano gli operai che lavoravano il cereale negli impianti dette pile – va bollito (in origine, in un grosso paiolo di rame) con pari quantità d’acqua per circa 10 minuti; poi, a fiamma spenta, il tegame si copre con un canovaccio e un coperchio pesante, il riso cuocerà per assorbimento senza diventare colloso. Nondimeno, si converge sul condimento a base di “pistume”, carne suina non troppo magra macinata grossolanamente condita con sale, pepe e aglio − che a Villimpenta, mentre rosola nel burro, si sfuma forse con più di vino rispetto a Castel d’Ario. Uniti riso e condimento, che come ricorda la ricetta contenuta nella Cucina mantovana di principi e di popolo del 1963 di Gino Brunetti, se fatto “alla maniera dei piloti” deve contemplarsi in quantità ben cospicue, si mescola con vigore per un risultato rigorosamente sgranato, mai mantecato. Si prosegue cospargendo con Grana in abbondanza, facoltativo è il “puntel” (rinforzo) di braciola o costina di maiale, cotte in teglia o grigliate. E se affine è la ricetta di un’altra antica specialità, il risotto al tastasal, alter ego veronese del riso alla pilota, nella reinterpretazione moderna dello chef Tano Simonato, patron del ristorante milanese Tano Passami l’Olio, la preparazione originale si arricchisce di profumi e freschezza con l’aggiunta di rondelle di asparagi appena sbollentati, aneto e un filo di olio EVO.