Cinque, per proseguire, i Chianti Classico Riserva assaggiati, ad abbracciare un arco temporale di un quarto di secolo. La migliore fra quelle valutate, a giudizio di chi scrive, è oggi la Riserva 2003, che rispetto ad altre ‒ e non rare ‒ mirabolanti esibizioni di rossi toscani della rovente annata ha una ammirevole tipicità e una sicura leggibilità varietale. Non è solo la stupenda evocazione di viola, humus fresco, mare, ciliegia e luppolo a lasciare irretiti, ma soprattutto la compostezza e la vitalità del sapore, libero da ardori alcolici e ruvidità tanniche. La Riserva è, per contro, il vino più giovane dell’intero lotto in cui siano rilevabili note evolutive avanzate, e anzi, francamente, un chiaro cenno ossidativo. Rimandi al dattero e al catrame serrano il profilo per decine di minuti, prima che si faccia strada una timida sfumatura fruttata (amarena sotto spirito); meglio all’assaggio, che se non proprio giovanile è comunque vigoroso, rilanciato com’è dalla qualificante chiusura salina. Lo avessimo in cantina, ad ogni modo, non aspetteremmo anni per “tirargli il collo”. Un vero classico per la sua vendemmia è invece la Riserva 2006, come da letteratura vino potente e quasi urgente nel dirompere dei profumi, e con un tono esotico nel frutto (pesca, papaya) che lo rende un unicum nella verticale. In bocca, la gagliardia tannica del millesimo lo frena nello slancio e lo fa un po’ troppo astringente, ma la bella chiusura su toni intensamente minerali redime il tutto. 2007 Delle due Riserve più datate, e , meglio la seconda, che pur non attingendo la grandezza del “semplice” Chianti Classico pari annata ha valide carte da giocare: è ben modulato, non manca di struttura né di equilibrio, e propone citazioni di erbe aromatiche, con un rosmarino olografico. Il 1993 (due bottiglie contestualmente aperte, identiche tra loro) ha invece esaurito la spinta, e vagabonda ormai su monocordi note ossidative. Resta infine da dire dei quattro Chianti Classico Gran Selezione, inaugurati dal primo ad essere uscito in ordine di tempo, il . Si tratta della selezione delle migliori uve aziendali di Sangiovese (5.000 bottiglie prodotte e solo nelle annate ottime), fermentate in parte in acciaio e in parte in cemento, con macerazione di tre settimane e sosta di un anno e mezzo in barrique nuove o piccoli tonneaux. Ha una silhouette invero curiosa e di tono mediterraneo nelle note di pomodoro concentrato e macchia marina; deborda quindi di materia al sorso, con conseguente, avvertibile deficit di dinamica gustativa. Per il frutto di un’annata chiantigiana per cui la stampa d’oltreoceano ha gridato al miracolo, uno stato attuale non proprio esaltante. Tornando progressivamente verso i nostri giorni, segnaleremo del la rarefatta balsamicità al ricordo di eucalipto e la trama magra ed essenziale del sorso, che sembra essersi liberato di una zavorra, rimanendo coeso intorno a un saldo nucleo minerale. In fondo alla bocca, i quindici gradi alcolici ‒ che per la verità sembrano anche di più ‒ si fanno sentire: sfrangiano i contorni della persistenza aromatica, e lasciano in eredità una sensazione piallante di distillato di frutta. Il , dal canto suo, titola 15,5% di alcol in etichetta, ma li “porta” alla grande; trattasi di un signor vino, sanguigno al naso dopo avvio tutto sulla violetta, e in grado di fornire al palato una sensazione vellutata davvero piacevole. L’uscita è lunga, coordinata, nitida e salata, di tutta soddisfazione. La Gran Selezione Millennio 2020, infine, è uno dei tre o quattro vini più severi, e allo stesso tempo più avvincenti, da noi sentiti a Gaiole in Chianti relativamente all’annata. Di un bel colore rubino con eleganti trasparenze, profuma di fragola selvatica e rosa, con un tocco erbaceo di acetosella e un che di affumicato; dopo venti minuti di aerazione anche di liquirizia, gesso e china. Considerandone il grip tannico ancora mordace e il quadro aromatico in assestamento, raccomanderemmo pazienza, confidando che il tempo la premi: due o tre anni di cantina dovrebbero confermarne la potenziale grandezza, rivelandolo forse come uno dei migliori rossi aziendali degli ultimi vent’anni. 1993 1990 Millennio 2010 Millennio 2013 Millennio 2015