il Bollito alla padovana I Piatti della tradizione Il gran bollito è un piatto sontuoso che si fa un po’ ovunque in Italia e con diversi tagli di carne: manzo, vitello, gallina, anatra, maiale e, in Sardegna, anche con l’agnello. Oltre alle varie carni, in un buon bollito, non devono mai mancare la lingua di bue, la testina di vitello e il cotechino. Il bollito si prepara in Piemonte, in Emilia, a Napoli, a Palermo, a Verona con la pearà, a Milano e così via. Ma il Gran Bollito di Padova merita le iniziali maiuscole perché ha un illustre estimatore: Galileo Galilei. Lo scienziato che rischiò di essere messo arrosto dalla Chiesa per aver sostenuto che la terra si muoveva intorno al sole, non solo apprezzava gustarselo, il bollito, ma lo cuoceva per gli studenti dell’Università di Padova, dove insegnò dal 1592 al 1610, che, secondo la tradizione di allora, aveva a pensione. Giuseppe Maffi oli cita ne La cucina padovana un documento che mostra le ingenti quantità di carni da bollito acquistate da Galileo presso un beccaio di Abano. Giorgio Borin, patron de La Montanella sulle colline di Arquà Petrarca, studioso della cucina padovana racconta che il Gran Bollito ha origini seicentesche: “Mattia Geigher, trinciante tedesco che operò in Padova, in un libro pubblicato nel 1639 da un editore patavino, consiglia per il bollito invernale lingua di bue, gallina, carne di bue e testa di vitello. Gli stessi che la tradizione padovana dei banchetti nuziali metteva in tavola con, in più, cotechino, gambuccio di prosciutto e lingua salmistrata. Facoltativi, nella loro stagione, ossi e piedini di maiale, cappone, anatra, oca e faraona. Accompagnavano il tutto verdure cotte, cren con l’aceto, salsa verde, mostarda e sale grosso. Se pensate che tutto questo veniva servito prima degli arrosti...”. Sono molti i ristoranti padovani che propongono il Gran Bollito e che ne celebrano i riti osservando le regole: selezione di carni di ottima qualità (non manca quella della celebre gallina padovana) e cottura delle stesse con attenzione ai tempi - non tutto si può cuocere contemporaneamente - che devono essere lunghi e pazienti. Del resto vale sempre la regola dettata da Pellegrino Artusi nella prima delle sue ricette, quella del brodo, ne La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. “Lo sa il popolo e il comune che per ottenere il brodo buono bisogna mettere la carne ad acqua diaccia e far bollire la pentola adagino adagino e che non trabocchi mai. Se poi, invece di un buon brodo preferiste un buon lesso, allora mettete la carne ad acqua bollente senza tanti riguardi”.